Circa le forme del dolo, varie sono le distinzioni, oltre a quelle fra dolo intenzionale e dolo eventuale, dolo comune e dolo speciale. Una prima distinzione è tra:

  • dolo generico, proprio della maggior parte dei reati, che si ha quando la legge richiede la semplice coscienza e volontà del fatto materiale, essendo indifferente per l’esistenza del reato il fine per cui si agisce (es. per il dolo di omicidio basta la coscienza e la volontà di uccidere).
  • dolo specifico, proprio di particolari figure criminose, che si ha quando la stessa legge esige, oltre alla coscienza e volontà del fatto materiale, che il soggetto agisca per un fine particolare (es. per il dolo di furto occorre il fine specifico di trarre profitto).

(relativamente alla triplice funzione del dolo specifico v. pag. 48).

Un’altra distinzione assai ricorrente è quella tra:

  • dolo di danno, che si ha quando il soggetto vuole ledere il bene protetto.
  • dolo di pericolo, che si ha quando il soggetto vuole soltanto minacciarlo.

Tale distinzione, tuttavia, di norma non attiene alle forme del dolo, ma riflette piuttosto il contenuto offensivo della fattispecie legale, ossia la distinzione tra reati di danno e reati di pericolo.

Priva di particolare significato, invece, è la distinzione tra:

  • dolo iniziale, che si riscontra solo nel momento della condotta.
  • dolo concomitante, che si accompagna allo svolgimento del processo causale da cui deriva l’evento.
  • dolo susseguente, che si manifesta dopo il compimento della condotta.

Tale distinzione è principalmente servita per sollevare pseudoproblemi, che non hanno ragione di essere se si tiene presente la regola generale per cui il dolo, consistendo nella coscienza e volontà di porre in essere una condotta-causa dell’evento, deve necessariamente esistere nel momento della condotta.

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