L’appropriazione indebita consiste nel fatto di chiunque, per procurare a sé o ad altri, un ingiusto profitto, si appropria il danaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso (art. 646). La minore gravità tradizionalmente attribuita all’appropriazione viene ravvisata nella minore aggressività, insidiosità ed allarme per la pace sociale della condotta appropriativa rispetto a quella sottrattiva, nonché nella corresponsabilità della vittima per l’affidamento, riprovevole, della cosa a persona non affidabile:

  • il soggetto attivo, sebbene l’art. 646 parli di chiunque, è il possessore (reato proprio);
  • il soggetto passivo è il proprietario o chi ha il godimento della cosa, sempre che si tratti, ovviamente, di soggetto distinto sia dal proprietario sia dall’agente;
  • circa l’elemento oggettivo:
    • il presupposto negativo della mancanza in altrui della disponibilità materiale della cosa è requisito essenziale della nozione unitaria di appropriazione e differenziale rispetto a quella di sottrazione;
    • il presupposto positivo del possesso è requisito non essenziale di tale unitaria nozione, ma soltanto differenziale dei reati comuni di appropriazione indebita rispetto ai reati minori di appropriazione, per i quali la legge richiede soltanto particolari condizioni della cosa (es. cosa smarrita);
    • il possesso a qualsiasi titolo dell’art. 646:
      • quanto al corpus, va inteso nel generico senso di altrui disponibilità materiale della cosa, come pieno ed autonomo potere di fatto sulla cosa (in contatto o a distanza);
      • quanto all’animus, va inteso nel senso ristretto di volontà di tenere la cosa per conto di altri (nomine alieno). Il possesso acquisito in modo penalmente illecito, quindi, rende incompatibile l’interversione del possesso propria dell’appropriazione (es. il furto richiede l’animus di tenere la cosa per sé);
      • quanto al titolo, va inteso nel senso restrittivo di qualsiasi titolo , purché derivativo (affidamento della cosa), non originario (apprensione della cosa) e non traslativo della proprietà.

La condotta consiste nell’appropriazione, consistente nel fare propria la cosa posseduta nella cosiddetta interversione del possesso (da possesso per conto di altri in possesso per conto proprio). In forza del principio di materialità, tale interversione richiede non soltanto il mutamento dell’animus, ma anche l’estrinsecazione dello stesso in atti esterni, dal momento che appropriarsi di una cosa è comportarsi verso di essa come se fosse propria:

  • atti di disposizione (es. consumazione, distruzione, alienazione);
  • atti di godimento o di uso indebiti, ossia oltre i limiti segnati dal titolare del possesso. Occorre tuttavia ritenere estranea alla naturale portata dell’art. 646 l’appropriazione indebita di uso, nei limiti analoghi a quelli del furto;
  • circa l’elemento soggettivo, l’appropriazione indebita è reato a dolo specifico, richiedendo l’art. 646 non solo la coscienza e volontà di appropriarsi della cosa mobile altrui posseduta, ma anche il fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. L’animus appropriandi, tuttavia, non sussiste in chi trattiene la cosa con la precisa intenzione di restituirla;
  • l’oggetto materiale è la cosa mobile altrui. Ai fini dell’appropriazione, comunque, sono cose mobili anche le cose mobilizzate dall’agente (es. alberi recisi);
  • l’oggetto giuridico sono le relazioni di proprietà e di godimento della cosa;
  • l’offesa è il danno patrimoniale realmente verificatosi e, pertanto, oggetto di concreto accertamento. Per mancanza di danno patrimoniale, quindi, tale reato non ricorre in caso di appropriazione di cosa fungibile con restituzione di cosa dello stesso genere e quantità (es. denaro), fatta eccezione per le cose che, pur essendo fungibili, assurgono a cose infungibili per ragioni particolari legate al valore affettivo;
  • la perfezione si ha quando e dove si è verificato l’atto appopriativo, anche se il termine fissato per la restituzione non è ancora scaduto o non ricorra un’acquisizione duratura della signoria sulla persona. Il tentativo è configurabile, poiché l’appropriazione è reato non necessariamente unisussistente.

Il reato è aggravato (art. 646 co. 2) se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario . La ratio di tale aggravante, in particolare, deve essere individuata nell’impossibilità (es. terremoto) di scegliere con cautela il depositario.

Trattamento sanzionatorio: l’appropriazione indebita è punita:

  • a querela, con la reclusione fino a 3 anni e la multa fino a € 1032;
  • di ufficio, con la pena aumentata ex art. 64, se ricorre l’aggravante di cui sopra o taluna delle circostanze dell’art. 61 n. 11.
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