Il contratto collettivo è un accordo fra i sindacati dei lavoratori e quelli dei datori di lavoro con il quale si determinano le condizioni economiche e normative applicabili ai rapporti individuali. Fin dalla nascita dell’associazionismo sindacale per la rappresentanza e la difesa degli interessi dei lavoratori, la funzione del contratto collettivo è stata quella di stabilire il prezzo della forza lavoro ( da cui il nome di concordati di tariffa); progressivamente ha assunto un carattere sempre più complesso, tanto da ricomprendere l’intera disciplina dei rapporti di lavoro e la funzione organizzativa del sindacato.

Proprio per questo il contratto collettivo realizza una funzione normativa ma non è un contratto normativo, sia perché non la regola solo rapporti futuri ma anche rapporti già esistenti, ma soprattutto perché i rapporti disciplinati non intercorrono solo fra le parti stipulanti ma anche tra i singoli lavoratori e i loro datori. A tal proposito sorge il problema di stabilire come il contratto stipulato fra i soggetti sindacali possa vincolare soggetti diversi dai contraenti (cioè i datori e i singoli lavoratori); bisogna quindi distinguere i due diversi modelli di contratti collettivi presenti nel nostro ordinamento: i contratti collettivi erga omnes e i contratti collettivi di diritto comune. I primi si caratterizzano per la loro efficacia vincolante nei confronti di tutti i lavoratori appartenenti alla categoria, i secondi spiegano i loro effetti giuridici nei confronti di coloro che lo hanno sottoscritto.

  • Erga omnes: Il contratto collettivo erga omnes nasce in epoca fascista, nell’ambito dell’ordinamento corporativo (leggi 563/26 e 163/34), che prevedeva un unico sindacato legalmente riconosciuto per ciascuna categoria di datori di lavoro e lavoratori, dotato di un potere di rappresentanza legale di tutti i soggetti, iscritti e non iscritti. Di conseguenza il contratto collettivo stipulato dai sindacati corporativi era vincolante per tutti gli appartenenti alla categoria, ed era inderogabile in peius dai contratti individuali. Il codice della 42 incluse il contratto corporativo fra le fonti del diritto. Va chiarito che oggi le norme corporative sono fonti estinte, a seguito della soppressione dell’ordinamento corporativo. Tuttavia il decreto luogotenenziale 369/44 aveva disposto che le norme corporative e restassero in vigore per garantire la continuità della disciplina dei rapporti di lavoro fino alle successive modifiche. Pertanto i contratti collettivi corporativi hanno avuto una efficacia ultrattiva fino a quando non successivamente modificati o sostituiti.

L’idea del contratto collettivo come espressione dell’autonomia dei sindacati, introdotta dall’ esperienza corporativa, è stata ripresa dalla nostra Costituzione che sancisce (art. 39) il principio della libertà di organizzazione sindacale. Inoltre, anche l’efficacia generale per i soggetti non iscritti ai sindacati è stata ripresa dal costituente. Così, mentre il primo comma dell’art. 39 garantisce la libertà sindacale, i comma successivi rinviano alla legge per la disciplina di un modello di contratto collettivo erga omnes, stipulato dalle rappresentanze unitarie dei sindacati registrati e dotati di personalità giuridica.

L’art. 39, quindi, ha configurato una rappresentanza unitaria costituita in proporzione del numero degli iscritti ai vari sindacati presenti all’interno di ciascuna categoria, conferendo la legittimazione della stipula dei contratti vincolanti ai soli sindacati registrati. Ciò non avrebbe comunque escluso l’eventuale presenza di altre associazioni sindacali non registrate, quindi non riconosciute, che avrebbero potuto a loro volta a stipulare contratti collettivi, ma privi di efficacia generalmente obbligatoria.

La soluzione prevista dall’ art.39 non ha mai trovato attuazione, poiché i sindacati si sono sempre mostrati poco propensi ad accettare l’imposizione di regole da parte della legge; e questo sia per sottrarsi al rischio di possibili ingerenze esterne, sia per evitare di dover sottostare al criterio di proporzionalità, in virtù del quale i sindacati dotati di un numero limitato di iscritti avrebbero avuto scarse possibilità di influire sui contenuti dei contratti.

Tuttavia il legislatore intervenne con la legge 741/59, (cosiddetta legge erga omnes o legge Vigorelli) che delegò il governo ad emanare decreti con lo stesso contenuto delle clausole dei contratti collettivi stipulati prima della data del provvedimento, dichiarando l’obbligatorietà erga omnes degli stessi. L’efficacia della soluzione portò a prorogare la durata della delega di quindici mesi (legge 1027/60).

La corte costituzionale, tuttavia, considerò il legittima l’estensione del termine, poiché violava il carattere temporaneo ed eccezionale della legge 741. Pertanto, ha solo i decreti emanati in virtù della legge 741 hanno avuto efficacia erga omnes a favore dei lavoratori, anche se nel corso del tempo hanno perduto la loro importanza. Di conseguenza il contratto collettivo erga omnes avuto una funzione limitata nel tempo e non è stato più riproposto dal legislatore.

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