La fonte primaria del diritto sociale comunitario, come detto, è rappresentata dal Trattato istitutivo della Comunità, il quale, tuttavia, non contiene alcuna elencazione di diritti. Tale lacuna potrebbe essere colmata dal nuovo testo del Trattato (2008), che include, tra le fonti del diritto comunitario, la Carta dei diritti fondamentali del 2000 (Carta di Nizza). Il nuovo Trattato, tuttavia, potrà entrare in vigore soltanto una volta acquisita l’unanimità di tutti i ventisette Stati membri, cosa attualmente impedita dal risultato negativo del referendum irlandese.

Si deve comunque considerare che, anche quando la Carta avrà acquisito un formale rilievo di fonte, il riconoscimento dei diritti da essa previsti non potrà andare a discapito di quelli contenuti nelle Costituzioni degli Stati membri.

Premesso questo, si nota che i diritti sociali pertinenti al tema del lavoro sono previsti in vari luoghi della Carta, a partire dal principio generale di tutela della dignità umana (art. 1), che riverbera nel divieto della schiavitù e del lavoro forzato (art. 5). Altri diritti relativi al nostro tema sono previsti:

  • nel capo II (<<Libertà>>), in cui risaltano gli artt. 15 (libertà professionale e diritto di lavorare) e 16 (libertà d’impresa).
  • nel capo III (<<Eguaglianza>>), in cui risalta l’art. 20 (eguaglianza formale dinanzi alla legge), cui fanno riscontro gli artt. 21 (divieto di discriminazione), 23 co. 1 (parità fra uomini e donne) e 26 (diritto all’inserimento sociale dei disabili).
  • nel capo IV (<<Solidarietà>>), in cui risaltano gli artt. 27 (diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione in merito alle decisioni più importanti dell’impresa), 28 (diritto dei lavoratori e dei datori di lavoro di negoziare, di concludere contratti collettivi e di ricorrere ad azioni collettive per la difesa dei loro interessi), 29 (diritto di accesso gratuito ai servizi di collocamento), 30 (diritto alla tutela contro ogni licenziamento ingiustificato), 31 (diritto a condizioni di lavoro sane, sicure e dignitose, ad una limitazione dell’orario di lavoro ed a riposi giornalieri, settimanali e annuali), 32 (divieto del lavoro minorile e diritto di ogni lavoratore ad una protezione in caso di maternità e di paternità) e 34 (diritti di sicurezza e di assistenza sociale).

La Carta di Nizza ha ricevuto due tipi di critiche:

  • alcuni hanno trovato troppo timida la lista dei diritti sociali pertinenti al lavoro, tendendo a dimenticare, peraltro, che per tenere insieme tante tradizioni diverse occorreva attestarsi su un denominatore comune più basso di quello che alcuni ordinamenti nazionali avrebbero consentito.
  • altri (critiche di stampo <<anglosassone>>) hanno bollato la Carta come un’espressione dell’ormai stantio modello sociale europeo.

Secondo Del Punta, al contrario, i diritti riconosciuti nella Carta rappresentano il nucleo fondamentale del patrimonio giuridico europeo, appartenendo ad una visione che potrebbe essere definita <<liberalismo sociale europeo>>. Tale liberalismo è attento ai diritti degli individui ed è rivolto verso l’uguaglianza, interpretata non nel senso dell’art. 3 co. 2 della Costituzione, ma in un’accezione più limitata, che guarda all’eguaglianza delle opportunità dei gruppi che, nel complesso, risultano essere più svantaggiati (es. donne).

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