Secondo l’art. 61 del d.lgs. n. 276 del 2003, fatte salve alcune eccezioni (es. agenti di commercio, professionisti intellettuali) per le quali sopravvivono le semplici collaborazioni coordinate e continuative, le collaborazioni coordinate e continuative debbono essere riconducibili a uno o più progetti specifici, o programmi si lavoro, o fasi di essi . L’art. 61 co. 1 dispone che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa istaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto o programma sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato . Di tale disposizione sono offerte due interpretazioni:

  • l’art. 61 predica in modo rigoroso la necessità di inserire le collaborazioni in oggetto nel quadro di progetti o programmi .
  • l’art. 61 prevede una presunzione legale di subordinazione, ma di carattere relativo, avente cioè soltanto l’effetto di rovesciare l’onere della prova.

Il nuovo contratto di lavoro a progetto o a programma, pertanto, è una species del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, cosa che risulta dagli elementi di fattispecie proprie delle vecchie collaborazioni (v. pag. 66), con in più il progetto o il programma.

Le nozioni di progetto o di programma, essendo abbastanza oscure, devono essere chiarite:

  • la nozione di progetto sembra alludere all’obiettivo o risultato perseguito tramite l’attività di un collaboratore. Tale attività, comunque, deve essere nitidamente individuabile, come segmento all’interno della più ampia attività aziendale, e debbono esserne predeterminati l’inizio e la cessazione.
  • la nozione di programma sembra riferirsi alle modalità organizzativo-temporali che caratterizzano una certa attività, di guisa che qualsiasi attività potrebbe ritenersi suscettibile di essere programmata. Tale nozione, tuttavia, ha teso ad essere dimenticata, venendo a considerarsi il programma come un sinonimo del progetto.

Secondo la tesi interpretativa da preferire, quindi, il progetto o il programma delineano l’oggetto dell’obbligazione di lavoro che il collaboratore si impegna a svolgere in forma di collaborazione coordinata, e della quale la legge esige che siano delineati i contorni dal punto di vista del risultato. Il senso ultimo della normativa, insomma, sembra essere quello di rivitalizzare la collaborazione coordinata e continuativa, in quanto collaborazione tesa ad un risultato specifico.

Rispetto alle collaborazioni coordinate e continuative semplici , viene simmetricamente a perdere rilevanza l’elemento della continuità temporale della prestazione: l’art. 61 co. 1, infatti, dispone che il contratto deve essere riconducibile alla promessa attuazione di un progetto, indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa .

È chiaro, comunque, che la prestazione deve essere resa dal collaboratore in forma autonoma, ossia semplicemente coordinandosi con il committente e non venendone eterodiretto. Di conseguenza, qualora venga ulteriormente accertato che il collaboratore ha lavorato, di fatto, in forma subordinata, il rapporto di collaborazione può essere riqualificato come un rapporto di lavoro subordinato.

A tale contratto di lavoro, si connette anche una disciplina legale di tutela, la quale comporta:

  • requisiti di forma scritta (ad probationem), con riguardo ad alcune indicazioni obbligatorie relative al contenuto del contratto (es. durata e contenuto del contratto).
  • il diritto del collaboratore ad un corrispettivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito.
  • il diritto ad una sospensione temporanea del rapporto di lavoro, senza possibilità di recesso del committente, in caso di malattia, infortunio e maternità del collaboratore.
  • il diritto all’applicazione delle misure di tutela della salute e della sicurezza previste per i lavoratori dipendenti, qualora l’attività di collaborazione sia svolta nei locali del committente.

Dal punto di vista della durata, il contratto deve essere obbligatoriamente contrassegnato da un termine finale, o indicato attraverso una data precisa, o derivato per relationem dal completamento del progetto o dall’esecuzione del programma. Le precedenti collaborazioni coordinate e continuative a tempo indeterminato, quindi, non sono più consentite dall’ordinamento.

Il contratto, inoltre, essendo a tempo determinato, si risolve autonomamente al momento della realizzazione del progetto o del programma di lavoro, o della fase di esso che ne costituisce l’oggetto. Rimane comunque salva la possibilità di un recesso del contraente prima della scadenza del termine, cosa che può avvenire per giusta causa (es. inadempimento degli obblighi contrattuali), oppure ad nutum, ossia senza un motivo addotto a giustificazione, e con il mero rispetto di un termine di preavviso. Questo elemento costituisce una significativa apertura all’autonomia individuale, di massima fortemente compressa dal carattere imperativo e inderogabile delle disposizioni regolatrici del contratto a progetto

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