Una crisi diffusa a livello mondiale portò anche la nostra economia a doversi confrontare con una nuova problematica, quella dell’alta inflazione. Essa induceva, nei lavoratori, la spinta ad ulteriori rivendicazioni retributive, le quali tuttavia, ove non accompagnate ad incrementi di produttività, generavano nuove pressioni inflazionistiche (circolo vizioso), effetti controproducenti questi che erano prodotti anche dal meccanismo della scala mobile. In questo contesto, quindi, cominciò a porsi il problema di contenere la dinamica ascensionale dei costi del lavoro, ed in generale di una <<politica dei redditi>> finalizzata a commisurare la crescita dei livelli di reddito all’andamento dei parametri macroeconomici. Nel 1978, con la <<svolta dell’EUR>>, lo stesso sindacato fece autocritica, riconoscendo che il salario non poteva essere trattato come una variabile indipendente dall’andamento dell’economia.

Maturarono quindi le condizioni per aprire trattative a tutto campo sui costi del lavoro, che vennero però riassorbite nel più ampio contesto di una contrattazione <<trilaterale>>, cui partecipava anche il governo, sia in ragione dell’interesse pubblico al controllo dell’inflazione, che per mettere sul campo misure di politica economica compensative degli eventuali sacrifici che i lavoratori dovessero accettare. Questa contrattazione trilaterale o <<neocorporativa>> registrò un primo importante successo con l’accordo Scotti (gennaio 1983), nel quale si concordarono alcune iniziali modifiche del sistema della scala mobile. Tuttavia, quando la CGIL non accettò un ulteriore taglio di alcuni punti di contingenza, il governo presieduto da Craxi operò uno <<strappo>> politico, facendo ricorso ad un decreto-legge che si ingerì, in nome dell’interesse generale, in una materia sino ad allora riservata alla contrattazione collettiva. Il meccanismo della scala mobile, comunque, fu definitivamente eliminato nel 1992.

Il difficile andamento economico cominciò a lasciare un segno anche sulle priorità legislative, motivo per cui furono introdotte normative tendenti a ridurre l’onere di certi istituti, o a restituire alle imprese maggiore libertà nella gestione dei lavoratori (es. modifica del sistema delle assunzioni obbligatorie, maggiori possibilità di assunzioni a tempo determinato, introduzione di nuovi tipi di contratto di lavoro subordinato (tempo parziale), introduzione delle fasce orarie di reperibilità per rendere più efficace il sistema sui controlli sulle malattie).

Ciò non toglie che negli anni 80’ si sia comunque sviluppata anche una linea legislativa tesa parallelamente a rafforzare il patrimonio delle garanzie individuali, in continuità con il decennio precedente (es. limitazione del licenziamento individuale). Il diritto del lavoro, tuttavia, continuava a svilupparsi in modo disordinato, attraverso un succedersi alluvionale di successive stratificazioni normative.

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