Le fonti comunitarie sono entrate in Italia attraverso il recepimento di trattati comunitari che le prevedono, in virtù della clausola di rinvio inserita una volta per tutte nei trattati istitutivi e tradottosi in norma di diritto interno in forza della relativa legge di esecuzione.

I Trattati istitutivi sono recepiti con leggi ordinarie, sono entrati a far parte del nostro ordinamento con il rango di fonti legislative, in quanto tradizionalmente si ritiene che l’ordine di esecuzione è in conseguenza le norme da esso introdotte abbiano lo stesso grado gerarchico della fonte nel quale contenuto.

La dottrina, ha messo in evidenza l’inopportunità di aver dato esecuzione ad accordi senza far ricorso ad una legge costituzionale ex articolo 138 ad ogni modo restavano due possibilità:

o ritenere incostituzionali le leggi di esecuzione dei trattati comunitari oppure rinvenire in costituzione un appiglio che consentisse di giustificare gli effetti di ordine costituzionale che dai trattati discendevano nonostante fossero recepiti con legge ordinaria.

La soluzione

La dottrina e la giurisprudenza si impegnarono a ricercare in costituzione una norma che potesse essere adeguata copertura alle leggi ordinarie di esecuzione dei trattati.

L’articolo 10 comma 1 della costituzione la quale sosteneva che tutti i trattati internazionali e di conseguenza anche quelli comunitari, dovrebbero trovare attuazione nell’ordinamento interno indipendentemente dall’ordine di esecuzione e acquisendo rango costituzionale, in quanto direttamente immessi mediante una norma della costituzione.

Date le serrate critiche, ci si è riferiti all’articolo 11 che recita “L’Italia consente in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

Per quanto tale disposizione fosse stata pensata con specifico riferimento ad organizzazioni di respiro mondiale ad esempio ONU, l’articolo 11 della costituzione per il suo tenore generico è apparso il riferimento costituzionale ideale per legittimare le forti limitazioni introdotte dai trattati comunitari.

Tale impostazione dottrinaria ha trovato l’avallo della giurisprudenza costituzionale, con sentenza n.14 del 1964.

Le fonti comunitarie entrano quindi nel nostro ordinamento con una generica ma solida copertura costituzionale, che tuttavia non è valsa a fornire elementi decisivi circa la natura ed il rango che essi assumono in un’ottica di diritto interno.

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