Equilibrio tra politica e giurisdizione.

Il dosaggio tra il momento della politica e il momento della giurisdizione costituisce un elemento strutturale di tutti i sistemi di giustizia costituzionale: un buon sistema costituzionale, infatti, dovrebbe sempre riuscire a trovare il giusto equilibrio per evitare la giurisdizionalizzazione della politica e la politicizzazione della giurisdizione. Da qui la sostanziale ambiguità delle tecniche di giustizia costituzionale, che si esprime con linguaggio giurisdizionale prospettando i valori che emergono dal tessuto sociale mediante la politica.

Da questa semplice constatazione possiamo ricavare che l’ordinamento italiano presenta un sistema di giustizia costituzionale particolarmente diversificato dai classici modelli dottrinali:

  • dal modello kelseniano, che vede nella Corte il custode dei valori razionali e delle esigenze del diritto, inteso come momento separato dalla politica (teoria pura del diritto);
  • dal modello schmidtiano, che vede nella Corte il soggetto destinato ad operare nella sfera politica come mediatore dei conflitti sociali.

Assunzione di un terzo ruolo da parte della Corte costituzionale.

In base ad un’impostazione tendenzialmente pragmatica, la Corte ha di volta in volta scelto i destinatari dei propri interventi, tenendo conto del quadro istituzionale e sociale in cui le sue decisioni si inserivano. La tendenza, comunque, è stata quella di privilegiare il modello politico su quello giurisdizionale. Questo atteggiamento duttile della Corte fu inizialmente favorito dalle particolari condizioni storiche in cui essa avviò la sua attività:

  • la Corte si inseriva con otto anni di ritardo in una forma di governo assestata, senza una tradizione storica alle sue spalle;
  • la Corte nasceva dentro un tessuto sociale particolarmente disomogeneo, difficilmente emanante valori comuni ben definiti: la Costituzione, infatti, sanciva dei valori, ma la loro interpretazione, fortemente critica, era oggetto di aspri dibattiti politici;
  • la Corte veniva in essere in un momento in cui la Costituzione era espressiva di indirizzi politici molto più innovativi rispetto al tessuto legislativo, ancora fortemente influenzato dalla legislazione fascista;
  • la Corte nasceva in un momento in cui si andava manifestando la particolare lentezza dei processi decisionali, conseguenza questa della particolare complessità delle esigenze di mediazione tra i diversi interessi in conflitto.

In tale quadro la Corte esprime connotazioni diverse rispetto agli altri organi collegiali:

  • presenta una struttura agile, con una stabilità superiore rispetto a quella degli altri organi;
  • rappresenta un organo che, nonostante la varietà di derivazioni politiche e tecniche, riesce a manifestare una notevole omogeneità culturale.

Tale assetto permise alla Corte di svolgere un ruolo diverso da quello prospettato da Kelsen o da Schmitt: la Corte non poteva farsi custode dei valori fondamentali, data la particolare incertezza che li riguardava, e al tempo stesso non poteva ergersi ad arbitro degli interessi in conflitto, non disponendo dell’autorevolezza e della legittimazione necessarie. Essa venne quindi ad assumere il ruolo di motore delle riforme, un terzo ruolo connesso allo scarto esistente tra norme costituzionali e legislazione fascista. Questo permise alla Corte di ottenere legittimazione agli occhi dell’opinione pubblica, particolarmente desiderosa di riforme da tempo trascurate, e di evitare scontri con le forze politiche: le sue pronunce, infatti, eliminavano una legislazione che le omissioni della maggioranza avevano evitato di modificare ma che nessuno apertamente avrebbe potuto difendere. La Corte, come detto, si trovò a svolgere questo ruolo per il fatto che la Costituzione era più avanzata della legislazione fascista e perché vi era un tessuto politico-sociale molto disomogeneo, non in grado di affermare i nuovi valori costituzionali. La Corte punta ad ottenere legittimazione mediante un rapporto diretto con l’opinione pubblica, scavalcando la mediazione partitica e procedendo pragmaticamente senza una precisa scelta di campo.

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