L’impresa e lo scopo di lucro

L’impresa presuppone uno scopo di lucro nel senso del conseguimento di un guadagno attraverso l’esplicazione di una attività economica. Perché vi sia impresa è necessario che l’attività sia diretta a produrre ricchezza anche se non è indispensabile che la ricchezza prodotta sia devoluta all’imprenditore e che quindi al suo scopo di lucro inteso come produzione di ricchezza (lucro oggettivo) corrisponda anche il lucro soggettivo (ossia l’appropriazione della ricchezza stessa da parte dell’imprenditore).

Ciò permette di giustificare l’esistenza di imprese senza scopo di lucro (inteso in senso soggettivo) e quindi la possibilità che vi siano imprese esercitate da enti pubblici per i quali l’esistenza de lucro soggettivo non appare configurabile. Gli enti pubblici imprenditori infatti si propongono, al pari di tutti gli altri imprenditori, la produzione di un reddito anche se destinano il reddito realizzato a scopi di pubblica utilità. Nel caso quindi delle imprese esercitate da enti pubblici, e delle imprese mutualistiche quello che è essenziale è la economicità della gestione e cioè la capacità di ricavare dalla attività svolta quanto occorre per coprire con i ricavi i costi di produzione.

Le imprese sociali

A fronte del moltiplicarsi dei casi in cui l’attività imprenditoriale viene svolta per finalità sociali e non egoistiche il legislatore ha cercato di disegnare una disciplina unitaria con il decreto legislativo del 2006 in tema di impresa sociale. La disciplina è basata sulla individuazione delle caratteristiche che una impresa deve avere per poter essere definita sociale e sulla definizione di un trattamento legislativo che nelle intenzioni del legislatore deve essere di agevolazione. In primo luogo occorre dire che la legge si riferisce a tutte le organizzazioni private (escludendo quindi le imprese pubbliche e gli imprenditori individuali) che devono presentare i seguenti requisiti: lo svolgimento in via stabile o principale di una attività di produzione o scambio di beni o servizi di utilità generale che deve essere diretta a realizzare finalità di interesse generale senza scopo di lucro.

La legge si riferisce ovviamente al lucro soggettivo (così come lo abbiamo definito sopra) in quanto stabilisce che gli utili devono essere destinati allo svolgimento dell’attività o all’incremento del patrimonio vietando la distribuzione anche indiretta di utili a favore di soci, amministratori o collaboratori. L’acquisto della qualifica di impresa sociale avviene sulla base di un atto costitutivo stipulato in forma pubblica che deve essere iscritto in una apposita sezione del registro delle imprese e comporta l’applicazione di specifiche regole in materia di contabilità e la sottoposizione ai poteri ispettivi del Ministero Il privilegio riconosciuto alle imprese sociali consiste nella limitazione della responsabilità per le obbligazioni assunte quando il patrimonio dell’impresa è superiore a 20.000 euro.

Ovviamente tale privilegio ha un valore concreto solo per le società che in via di principio non lo prevedono e quindi per le società di persone e per le associazioni non riconosciute. Il beneficio si perde quando il patrimonio diminuisce per oltre un terzo rispetto all’importo di 20.000 euro ma ha come conseguenza la responsabilità solo di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’impresa e non anche dei soci che sarebbero invece illimitatamente responsabili in conseguenza del tipo di società adottato.

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