Nell’ipotesi in cui la continuazione dell’impresa commerciale debba aver luogo nell’interesse del minore, occorre distinguere a seconda che:

  • il minore sia soggetto a potestà: l’art. 320 dispone che non può essere continuato l’esercizio di un’impresa commerciale se non con l’autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare. Chi decide, quindi, sono i genitori, mentre il giudice tutelare si limita ad esprimere il suo parere.
  • il minore sia soggetto a tutela: chi decide è il giudice tutelare che delibera sulla convenienza di continuare, alienare o liquidare le aziende commerciali, stabilendo, nel primo di questi casi, anche le modalità e le cautele necessarie (art. 371 co. 3). Se la continuazione dell’azienda sembra la soluzione più utile per il minore, il tutore deve domandare l’autorizzazione al tribunale.

In entrambi i casi, comunque, non si può, prima che il tribunale abbia dato l’autorizzazione, continuare l’esercizio dell’impresa con effetti vincolanti per il minore, tuttavia, viste le lungaggini del sistema, la legge ammette che il giudice tutelare possa consentire l’esercizio provvisorio dell’azienda (art. 371 co. 5).

Queste stesse disposizioni si applicano agli interdetti con l’avvertenza che il rappresentante legale non può che essere il tutore (art. 424).

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