L’art. 2351, dopo aver sancito che ogni azione attribuisce il diritto di voto (co. 1), non può che consentire variazioni dirette a escludere o a limitare tale diritto (co. 2), configurando:

  • le azioni senza diritto di voto che hanno solo il precedente delle azioni di risparmio.
  • le azioni con voto limitato a particolari argomenti, la quale limitazione può essere espressa anche in forma generale (es. consente il voto nella sola assemblea ordinaria).
  • le azioni con voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative, dove il riferimento può essere non solo ad eventi esterni interessanti la società (es. cambiamento di regime fiscale), ma anche ad eventi societari (es. andamento degli affari sociali).

Queste penalizzazioni del diritto di voto possono accompagnarsi ad un trattamento preferenziale sul piano patrimoniale, ma ciò non è obbligatorio. È comunque prevedibile che difficilmente assisteremo all’emissione di azioni sacrificate nel voto senza alcuna compensazione sul piano patrimoniale.

La norma soggiunge che il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale (co. 2). Con tale limite si vuole chiaramente evitare che le azioni ordinarie, suscettibili di essere strumento di comando, finiscano per rappresentare una quota troppo modesta nell’assieme rappresentato dai più vari titoli la cui emissione assicura il finanziamento dell’impresa societaria.

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