Un elemento peculiare della tutela costitutiva è la funzione di controllo attribuita al giudice in ordine alle richieste delle parti. Mettere in evidenza questo aspetto vuol dire riconoscere ai privati la possibilità di ottenere modificazioni giuridiche quasi come un diritto soggettivo. Partendo da questa base bisogna riconoscere che vi sono ipotesi dove:

(controllo successivo)dove i privati sono abilitati ex se a produrre, con le proprie dichiarazioni, una modificazione giuridica (risoluzione di diritto del contratto ). In questi casi il giudice interverrà solo a posteriori per valutare se il potere è stato bene esercitato. Quindi i privati hanno già posto in essere una fattispecie e il giudice controllerà se ci sono i presupposti per l’esercizio del potere (controllo a priori) dove l’intervento del giudice è richiesti a priori, per controllare se le condizioni per l’esercizio del potere sussistono. Il tal caso l’intervento del giudice avrà carattere costitutivo perché la modificazione giuridica non può prodursi senza il suo intervento.

Sia nell’una che nell’altra ipotesi il giudice avrà una funzione di controllo, tuttavia esso pone sullo stesso piano fenomeni diversi.

Nel caso del controllo esercitato successivamente, lo schema del controllo può essere

efficacemente richiamato in quanto il giudice verificherà se ricorrono tutte le condizioni in base alle quali il privato poteva esercitare il potere attribuitogli.

In questi casi i privati sono dotati di veri e propri poteri i quali trovano fondamento sia nella legge o nella volontà delle parti (es.risoluzione di diritto del contratto)

Ma bisogna osservare che la tutela costitutiva così esercitata si avvicina al generale potere di annullamento che hanno i giudici sugli atti privati, purchè sollecitati da domanda. Tale potere, di origine amministrativa, va esercitato attraverso le sentenze costitutive.

Nel caso in cui il giudice interviene esso stesso a produrre e disporre l’effetto sarà più difficile parlare di controllo. Parlare di controllo in questo caso è sbagliato in quanto il giudice non eserciterà poteri di controllo ma produrrà effetti e risultati utili per i soggetti nell’ambito di competenze che sono proprie dei giudici e non dei privati.

In entrambi casi vi sarà un ingerenza del giudice, ma questa ingerenza sarà configurata come mero controllo nei casi in cui l’intervento del giudice avviene successivamente per annullare atti illegittimi;

mentre nei casi di controllo a priori l’ingerenza sarà più incisiva e differente da un semplice controllo in quando sarà il giudice a produrre gli effetti.

Esempio:

recesso del rapporto di durata: l’intervento del giudice ha luogo successivamente in quanto l’efficacia del recesso non ha bisogna della sentenza costitutiva del giudice, essendo il privato investito del potere di recesso.

Risoluzione per inadempimento: parlare di controllo in questa ipotesi è riduttivo o sbagliato. Questo perché il controllo presuppone che il soggetto adempiente abbia il potere di risolvere il contratto. Ma non è così, nel sistema italiano la risoluzione ha effetto con una pronuncia del giudice. Il giudice quindi non si limiterà ad esercitare una funzione di controllo ma dispone esso stesso l’effetto risolutivo.

In conclusione possiamo affermare che:

la formula del controllo è appropriata nei casi in cui il giudice esercita la sua funzione intervenendo in seconda battuta, annullando atti perché non conformi alla legge.

In questi casi i privati sono abilitati con le proprie dichiarazioni a creare una modificazione giuridica dove l’intervento successivo del giudice sarà finalizzato al solo controllo del corretto esercizio del potere privato. Un esempio è quello della diffida ad adempiere dove il giudice controllerà solo la validità delle diffida.

Meno appropriato sarà parlare di controllo dove si tratterà di disporre effetti che la loro importanza e complessità si è ritenuto che vengano prodotti dal giudice, pur se su domande di parte. In tal caso l’intervento del giudice sarà necessario per controllare che le condizioni del potere da esercitare sussistano. Il tal caso il potere del giudice avrà carattere costitutivo perché la modifica voluta dalle parte si produrrà solo attraverso la sentenza.

La stessa domanda non deve essere supervalutata sino a qualificarla come atto di un potere sostanziale, essa non è altro che l’espressione della disponibilità del rimedio e proprio questa disponibilità ha generato la falsa impressione che il soggetto disponga di un diritto potestativo.

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