Esaminiamo il caso che ha dato vita alla affermazione, da parte della Cassazione, di un “diritto all’integrità del proprio patrimonio” dalla cui lesione viene fatta derivare una responsabilità extracontrattuale.

Giorgio De Chirico ha autenticato un quadro non suo ed un subacquirente, terzo perciò rispetto al pittore, accertata in giudizio la falsità del dipinto, gli domanda il risarcimento del danno consistente nell’aver pagato come quadro d’autore una crosta.

Nella specie non ricorre la possibilità di far capo a figure come l’induzione o la complicità nell’inadempimento o ancora la lesione aquiliana del diritto di credito, per il fatto che al momento dell’autenticazione il futuro subacquirente non esiste ancora come tale, mentre le figure ora evocate presuppongono l’esistenza di un diritto di credito che funga da oggetto della lesione.

Nella specie che si considera ora, l’attribuzione di autenticità ad un quadro in realtà falso viene resa dal pittore nei confronti dell’acquirente nell’àmbito di una stipulazione contrattuale nella quale il subacquirente per definizione non è parte.

La qualità di terzo dell’autore del danno rispetto al danneggiato potrebbe far ritenere che il danno subìto debba essere ascritto a responsabilità extracontrattuale.

Riteniamo invece che il contratto non solo definisce il titolo e l’estensione della responsabilità tra i contraenti, ma individua a priori le sfere giuridiche tra le quali possa porsi una questione di responsabilità in relazione ad un comportamento tenuto esclusivamente nei confronti dell’altra parte.

Soccorre in proposito il principio di relatività degli effetti del contratto.

Non si tratta di un principio assoluto perché esso è superato dalla stipulazione a favore di terzo e dal contratto con obblighi di protezione per determinati terzi.

Ammettere il subacquirente a far valere in via extracontrattuale il danno patrimoniale subìto con l’acquisto di una cosa priva della qualità essenziale (autenticità) affermata dal primo alienante nei confronti del proprio acquirente significa estendere al terzo gli effetti del contratto sotto il profilo della prestazione ed in particolare della mancanza di una qualità essenziale del bene venduto: azione che nasce dal contratto di vendita (1497: Mancanza di qualità) e perciò può essere esercitata solo inter partes a meno che non ricorra una stipulazione a favore del terzo.

La risarcibilità del danno meramente patrimoniale finisce dunque per urtare contro un’altra regola fondamentale del diritto privato, contenuta per il nostro ordinamento nel 1372 (Efficacia del contratto).

E sembra prender corpo l’idea che un danno il quale si collochi in esito all’inattuazione di un rapporto contrattuale assume forma giuridica esclusivamente da quest’ultimo e perciò solo tra i soggetti che ne sono parti, a meno che non ricorra ad opera di un terzo una cooperazione, o una induzione all’inadempimento, in grado di coinvolgere lo stesso terzo, ma sempre ex contractu.

Anche dalla prospettiva della responsabilità civile, nel caso deciso da Cassazione 2765/1982, il risarcimento del danno meramente patrimoniale non è ipotizzabile: difetta il rapporto di causalità tra condotta ed evento, tra autenticazione ad opera del primo dante causa e danno del terzo, essendo causa diretta ed immediata di tale danno la stipulazione del terzo (subacquirente) con il primo acquirente, la quale esclude dal novero delle cause il primo contratto, in quanto causa da sé sola in grado di dare vita al danno verificatosi: un danno che però, proprio per questo, diventa contrattuale e si inscrive nel rapporto tra primo e secondo acquirente escludendo radicalmente il primo alienante, tenuto a propria volta ex contractu nei confronti del proprio avente causa (primo acquirente).

Come abbiamo visto per l’induzione all’inadempimento e per la semplice complicità, il danneggiato ha anche in questo caso di fronte a sé una controparte nei cui confronti far valere un diritto al risarcimento ex contractu.

In un analogo ordine di idee Hans Stoll ritiene di escludere che tra soggetti legati da una relazione giuridicamente rilevante (Sonderverbindung) possa darsi una responsabilità extracontrattuale per danno meramente patrimoniale: in realtà in quell’ordinamento una tutela del genere è da negare in via generale, fatta salva l’ipotesi disciplinata dal § 826 BGB [Chi con dolo cagiona danno in maniera contraria al buon costume è obbligato al risarcimento nei confronti del danneggiato]: ed il risarcimento sarebbe di natura contrattuale in quanto fondato proprio sulla Sonderverbindung.

Ora se tra le parti solo la preesistenza e l’inattuazione di un rapporto giustificano il risarcimento, l’essere ogni terzo per definizione estraneo a detto rapporto, così come ne impedisce un’autonoma responsabilità extracontrattuale (nel caso di induzione o complicità nell’inadempimento), ne preclude altresì un’azione di risarcimento quando esso risulti danneggiato da una prestazione che ha riguardo ad un rapporto ex contractu intercorso tra altri soggetti (caso De Chirico).

La conclusione alla quale si giunge è allora che all’interno di un rapporto ex contractu il danno come diminuzione patrimoniale è risarcibile se ed in quanto esso derivi da inadempimento od inattuazione del rapporto stesso, mentre fuori da un tale rapporto il soggetto danneggiato è risarcito in quanto la diminuzione patrimoniale derivi da lesione di una situazione giuridica soggettiva.

Il sintagma “danno ingiusto” continua a denotare la lesione di una situazione giuridica soggettiva.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento