L’interesse a ricorrere e la legittimazione a ricorrere sono definite condizioni generali dell’azione perché il giudice, una volta verificata la valida instaurazione del processo, deve accertare la loro sussistenza al fine di poter procedere all’esame del merito della domanda. Data la scarsa chiarezza dei caratteri distintivi di tali concetti, alcuni autori hanno proposto l’assimilazione delle due figure oppure la creazione di una nozione di interesse legittimo tale da assorbire quella tradizionale di interesse a ricorrere. Dottrina e giurisprudenza sono tuttavia ferme nel tenerli su piani diversi:

  • la legittimazione a ricorrere consiste nell’effettiva titolarità di un interesse qualificato (interesse legittimo o diritto soggettivo), motivo per cui la pronuncia di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione a ricorrere, comportando un accertamento negativo di una posizione di rilevanza sostanziale, viene talvolta assimilata alle pronunce di merito.

In alcune ipotesi la legittimazione a ricorrere viene costituita semplicemente da una condizione formale del ricorrente. Nelle azioni popolari, ad esempio, la legittimazione a ricorrere si identifica con la qualifica generica di cittadino. Alle azioni popolari sono accostate alcune previsioni a proposito della tutela di interessi diffusi, in presenza dei quali la legittimazione a ricorrere al giudice amministrativo viene attribuita per legge ad associazioni previamente identificate sulla base di criteri oggettivi e senza la necessità di alcuna verifica della titolarità di posizioni di interesse qualificato. Anche nel caso degli interessi collettivi agisce tendenzialmente l’associazioni che rappresenta gli interessi della categoria in questione. Mentre in questo caso la legittimazione dell’associazione si cumula con quella del singolo cittadino appartenente alla categoria (legittimazione aggiunta), tuttavia, nel caso dell’interesse diffuso la legittimazione ad agire non è fungibile con quella del cittadino;

  • l’interesse a ricorrere consiste nell’idoneità da parte dell’azione a realizzare il risultato perseguito, ma più specificatamente nell’interesse proprio del ricorrente al conseguimento di un’utilità o di un vantaggio. Il risultato utile che il ricorrente deve dimostrare di poter conseguire ai fini dell’interesse a ricorrere non si identifica con la semplice garanzia dell’interesse legittimo (es. graduatoria concorsuale), potendo essere anche il conseguimento di una posizione di vantaggio, non necessariamente identificabile con la ripristinazione dell’interesse legittimo. L’interesse a ricorrere deve essere personale, dato che il risultato di vantaggio deve riguardare specificatamente e direttamente il ricorrente, attuale, dato che l’interesse deve poter sussistere al momento del ricorso, e concreto, dato che l’interesse a ricorrere va valutato con riferimento ad un pregiudizio concretamente verificatosi ai danni del ricorrente. Sulla base di questi criteri viene ricondotta alla carenza di interesse l’esclusione della possibilità di impugnare gli atti preparatori, gli atti interni, gli atti non ancora esecutivi, gli atti normativi e gli atti confermativi di atti precedenti. L’interesse deve peraltro permanere fino al momento della decisione del ricorso (continuativo). Al contrario, se nel corso del giudizio si verifica un mutamento della situazione tale da escludere che l’accoglimento del ricorso possa comportare un risultato utile al cittadino, il ricorso viene dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
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