Dagli altri apparati amministrativi (i ministeri, gli enti pubblici, le aziende pubbliche, etc.) il comune si distingue perché svolge una molteplicità di funzioni, di servizi e di interessi (ciò dipende dalla storia, che ha visto per secoli il comune come la sola organizzazione collettiva del territorio, chiamata dai suoi cittadini ad assumersi compiti che essi, da soli, non potevano assolvere).

La polifunzionalità dei comuni è oggi riconosciuta dall’ art. 13 d.lgs. 267/00, il quale infatti stabilisce che spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione e il territorio comunale (ad es., i servizi alla persona e alla comunità; l’ utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico), salvo quanto non sia attribuito dalla legge (statale o regionale) ad altri soggetti: si pensi, ad es., alle funzioni che, pur riferibili alla popolazione e al territorio, sono attribuite dalla legge ad enti diversi (ASL, IACP, aziende di promozione turistica, etc.).

Questa sorta di presunzione di competenza generale dei comuni è stata, poi, ribadita dalla riforma costituzionale del 2001: non a caso, il nuovo art. 118, co. 1 Cost. stabilisce che le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni, salvo che, per assicurarne l’ esercizio unitario, siano conferite a province, città metropolitane, regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

Ora, presa alla lettera, la prima parte di questa disposizione sembra stabilire una presunzione generale di competenza dei comuni per l’ attività amministrativa; ma in realtà, un assetto del genere (che, tra l’ altro, riporterebbe il nostro sistema istituzionale al medioevo, quando non esistevano altre forme di governo al di fuori di quella municipale) deve fare i conti con un quadro costituzionale nel quale continua a campeggiare il principio di legalità. Ciò significa, pertanto, che sarà la legge (regionale o statale) a distribuire le competenze amministrative sui vari livelli territoriali in base ai criteri di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione (criteri che sono stati mutuati dalla L. 59/97: prima legge Bassanini). In particolare, in virtù del principio di sussidiarietà le funzioni amministrative saranno attribuite ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali (il principio in esame, come si può facilmente notare, privilegia il criterio dimensionale); qualora, però, la funzione interessata sia incompatibile con la dimensione dell’ ente, il principio in esame giustifica l’ intervento sussidiario del livello di governo superiore.

Non diverse sono le conseguenze del principio di adeguatezza, il quale, infatti, richiede che l’ amministrazione ricevente sia in grado di garantire, anche in forma associata con altri enti, l’ esercizio delle relative funzioni (ciò, in realtà, già risulta implicito nel principio di sussidiarietà).

Lo stesso discorso può essere fatto per il principio di differenziazione, il quale impone di tener conto, nell’ allocazione delle funzioni, anche delle diverse caratteristiche associative, demografiche, territoriali e strutturali degli enti riceventi; richiede, cioè che, nell’ allocazione delle funzioni, si tenga conto non solo della diversa idoneità dei diversi livelli territoriali, ma anche della diversa idoneità ad esercitare le funzioni di enti situati nel medesimo livello territoriale (se, ad es., è idoneo il comune di Milano non lo è quello di Briga o di Floresta).

Il co. 2 dell’ art. 118 Cost. specifica, poi, che gli enti locali sono titolari sia di funzioni amministrative proprie sia di funzioni amministrative conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

L’ art. 118 Cost. deve, però, essere letto unitamente al precedente art. 117, co. 2, lett. p), perché quest’ ultimo, elencando (tra le materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato) gli organi di governo e le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane, ha fatto emergere il problema dei rapporti tra le funzioni fondamentali (art. 117) e le funzioni di cui all’ art. 118, nonché il conseguente problema della distinzione tra funzioni proprie, attribuite e conferite.

In realtà, una volta assodato che, stante il principio di legalità, non possono esserci funzioni amministrative che non siano assegnate con legge e che, quindi, l’ art. 118 Cost. non attribuisce, di per sé, specifiche funzioni agli enti locali, dal momento che queste sono assegnate con legge, dello Stato o della regione, ex art. 117, risulta, di conseguenza, priva di senso la distinzione tra funzioni proprie e funzioni conferite con legge, proprio perché gli enti locali non hanno funzioni proprie diverse da quelle conferite con legge (e, di conseguenza, priva di senso si dimostra la distinzione tra funzioni attribuite e funzioni conferite).

Ha, invece, senso la distinzione tra funzioni fondamentali e funzioni non fondamentali degli enti locali, perché le prime sono oggetto di potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117 Cost.), mentre le seconde no. In particolare, le funzioni fondamentali possono rientrare nell’ ambito delle competenze materiali attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello Stato e, quindi, possono essere scorporate dagli apparati amministrativi statali per essere devolute agli enti locali (ad es., in tema di immigrazione, di cittadinanza, di stato civile, di anagrafe e di tutela dell’ ambiente); esse, però, possono anche ricadere nell’ ambito delle materie regionali oggetto di competenza legislativa concorrente Stato-regioni (in tal caso vi sarà un’ ingerenza della legge statale nelle materie regionali).

Possiamo, pertanto, concludere dicendo che le funzioni agli enti locali possono essere conferite con legge: che sarà la legge regionale, nelle materie di competenza (concorrente o esclusiva) della regione; mentre sarà la legge statale, nelle materie che rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato (concernenti gli organi di governo e le funzioni fondamentali) o nelle materie di competenza concorrente Stato-regioni e che determinano funzioni essenziali di comuni e province (in questi casi, il carattere fondamentale di tali funzioni abilita la legge statale ad ingerirsi nelle materie regionali).

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