La terza grande articolazione dell’ amministrazione italiana è costituita dagli enti pubblici, i quali sono stati istituiti a partire dai primi anni del ‘900, allo scopo di assicurare il decentramento di funzioni amministrative statali ad enti pubblici diversi da quelli territoriali. Essi, in realtà, non sono altro che servizi della P.A. ai quali viene conferita personalità giuridica: si comincia nel 1916 con l’ INA [Istituto Nazionale per le Assicurazioni] e si prosegue nel 1917 con gli Enti autonomi di consumo, gli Istituti di ricerca e di sperimentazione agraria e gli Istituti di patronato e di assistenza sociale; il numero degli enti aumenta, poi, in modo cospicuo durante il fascismo (si pensi, ad es., all’ Opera Nazionale Combattenti, all’ Istituto nazionale fascista per la previdenza sociale, alle associazioni sindacali fasciste e agli IACP).

In ogni caso, è importante sottolineare che gli enti pubblici sono stati istituiti non solo per gestire funzioni e servizi di Stato, ma anche per gestire funzioni e servizi non di Stato (funzioni e servizi gestititi, cioè, fino a quel momento da soggetti privati e poi attratti nella sfera pubblica per la loro rilevanza o, più semplicemente, per la pressione di gruppi sociali interessati ad una statizzazione, sia pure nella forma dell’ ente pubblico: è in questo modo che si spiega il passaggio alla sfera pubblica di funzioni e servizi come quelli relativi alla previdenza, all’ assistenza e alla sanità).

L’ ente pubblico si distingue dall’ ente locale (territoriale), innanzitutto, perché è monofunzionale: esso cura, cioè, un solo interesse pubblico (l’ INPS, ad es., si occupa della sicurezza sociale dei lavoratori subordinati del settore privato; gli IACP hanno come clienti le famiglie meno abbienti prive di alloggio, etc.).

In secondo luogo, è bene ricordare che l’ ente pubblico (a differenza dell’ ente locale, che presenta una struttura associativa) ha, di solito, una struttura del tipo fondazione: ha, infatti, un consiglio di amministrazione e un presidente, i quali sono chiamati a gestire un patrimonio nell’ interesse di terzi (manca, come si può notare, l’ assemblea e, cioè, l’ equivalente del consiglio comunale o provinciale).

In funzione di controllo, terzo organo dell’ ente pubblico è, infine, il collegio dei revisori, del quale fa parte, di regola, un rappresentante del ministero vigilante (tale organo controlla l’ amministrazione, verifica l’ osservanza delle leggi e la corrispondenza del bilancio alle risultanze delle scritture contabili).

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