Fondamentale fu lo strumento legislativo.

E sovrano svevo raccolse le leggi più importanti emanate nel corso di un secolo dai re di Sicilia e le integrò i numerose norme nuove, sistemandole in un unico Codice suddiviso in libri e titoli: vide così la luce quel Liber Constítutionum promulgato a Melfi nel 1231.

Un aspetto significativo dell’opera consiste nella molteplicità suoi contenuti normativi.

Alle disposizioni costituzionali e amministrative si accompagnano, infatti, regole sul processo civile e penale, sanzioni di diritto penale per reati comuni e politici ed anche numerose norme di diritto privato.

In questa prospettiva si spiegano le norme che potenziano l’autorità dello Stato nei riguardi del ceto nobiliare, come il divieto di istituire legami di natura feudale nelle terre demaniali.

Analogo disegno centralizzatone mostrano le disposizioni con cui l’autonomia delle città venne ridotta sino quasi a scomparire: i privilegi ottenuti in passato dovettero venir rimessi al beneplacito regio, mentre il drastico divieto imposto ai sudditi di eleggere ogni magistratura locale o cittadina fu sancito irrogando ai trasgressori addirittura la pena capitale.

Anche nei confronti della stessa Chiesa Federico intervenne in senso restrittivo, negando ai chierici il privilegio del foro ecclesiastico nelle cause di tradimento e di lesa maestà , e persino vietando ai sudditi di vendere o donare beni immobili alle chiese e agli ordini monastici che fossero esenti da obblighi verso la curia regia.

L’ordine voluto dal sovrano è l’ordine statale, che mira ad imporsi eliminando ogni altra forza organizzata.

Nelle terre demaniali è vietata ogni autonoma opera di fortificazione.

Le rappresaglie e le guerre private sono avversate e punite con severità.

Garanti dell’ordine e della giustizia sono gli ufficiali dei re, che svolgono gratuitamente (cioè, senza donativi offerti dalle parti in causa) il loro compito, designato non già col termine feudale di beneficium ma con quello romano ed ecclesiastico di officium.

Gravi sanzioni sono irrogate ai giudici venali, corrotti o ignoranti.

Gli ufficiali esercitano anche funzioni di supplenza nei riguardi degli altri giudici; essi vengono scelti dal re in base alle loro doti e capacità personali.

Una volta di più, Federico adotta così un indirizzo presente già nei suoi predecessori normanni.

I baiuli, i camerarii, i giustizieri e gli altri funzionari regi nell’intenzione del sovrano normanno-svevo non sono se non gli strumenti di cui necessariamente il monarca deve avvalersi data l’impossibilità di essere presente ovunque.

La costruzione fridericiana è tutta incentrata sulla persona stessa del sovrano, concepito come il cuore del regno.

A sua volta, il potere regio è frutto della necessità (necessitas), perché soltanto per suo tramite è possibile l’attuazione sulla terra di quella virtù divina che è la giustizia.

Della giustizia il re è ad un tempo il padre e il figlio.

L’assolutismo monarchico, così esplicito nella legislazione federiciana, ha dunque per limite il dichiarato rispetto della giustizia e della legalità.

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