Il fenomeno della «volgarizzazione» del diritto nell’età postclassica, cui tanta attenzione ha dedicato la moderna storiografia giuridica.

L’espressione «diritto volgare» è certamente impropria, ma è tuttavia efficace al fine di caratterizzare regole giuridiche semplificate, ormai prive di quelle raffinatezze non solo linguistiche che erano proprie del diritto classico come anche delle costituzioni imperiali postclassiche. L’importanza grande del fenomeno della volgarizzazione sta nel fatto incontestabile che furono proprio queste regole più semplici e primitive a trasmettersi, attraverso la prassi dei documenti e dei formulari notarili, all’età successiva.

In oriente la cultura e la tecnica del diritto si mantennero invece elevate anche sul terreno loro proprio.

mentre in occidente l’avvocato rimase essenzialmente un retore distinto dal giurisperito, in oriente sin dal secolo IV fu richiesta per l’esercizio dell’avvocatura una preparazione specificamente giuridica, che si conseguiva nelle scuole superiori di Berito e di Costantinopoli.

La costituzione premessa da Giustiniano al Digesto informa sull’ordinamento quinquennale del corso degli studi legali nelle due scuole d’oriente.

  1. Al primo anno si studiavano le Istituzioni di Gaio e quattro libri singulares (de re uxoria, de tutelis, de testamentis, de legatís);
  2. al secondo, l’Editto pretorio sui commentari di Ulpiano;
  3. al terzo, ancora l’Editto e otto libri dei Responsa di Papiniano;
  4. al quarto, privatamente i Responsa di Paolo;
  5. al quinto, le costituzioni imperiali.

Vi è una tendenza alla stabilizzazione del diritto, favorita dalla burocrazia centrale dall’impero, che si rivela nel ricorso sempre più intenso allo strumento legislativo.

Il Codice giustinianeo del 534 costituì il punto d’arrivo di tale indirizzo, e non a caso venne imposto ai giudici e agli avvocati come testo esclusivo di riferimento quanto alla legislazione imperiale.

Vi è un’altra la tendenza che è stata definita di classicismo giuridico, alimentata dalle scuole di diritto.

Essa si tradusse nell’attenzione per le opere di taluni giureconsulti dell’età classica, da cui derivarono le epitomi postclassiche, nonché nella celebre legge delle citazioni del 426, che canonizzò gli scritti di cinque giuristi a preferenza degli altri: Papiniano, Paolo, Ulpiano, Modestino e Gaio

Infine il classicismo ebbe la sua manifestazione più rilevante e duratura nel Digesto giustinianeo del 533 che trasmise all’età successive un ricco florilegio di scritti dei giureconsulti romani dei secoli aurei.

l’opera voluta da Giustiniano e dai suoi giuristi erano contenuti e forme di straordinaria ricchezza, non fosse che per il fatto di rispecchiare un’evoluzione storica tanto profonda, che dal diritto dell’età repubblicana aveva condotto alle trasformazioni dell’alto impero e quindi agli svolgimenti e sconvolgimento dell’età postclassica.

La costante attenzione rivolta all’impostazione e alla risoluzione di casi concreti e il correlativo rifuggire dalle definizioni, dalle formulazioni generali, dalle classificazioni, dalla sistematica degli istituti.

Sono principi propri del diritto classico (il peso attribuito alla tradizione, all’autorità, alla buona fede, alla libertà) quelli che furono trasmessi alle età successive proprio dai testi accolti nel Digesto e nel Codice.

I pareri dei giuristi e i rescritti della cancelleria imperiale, solleciteranno per secoli gli interpreti all’analisi dei principi e delle motivazioni soggiacenti e all’esercizio stimolante dell’analogia.

Il fatto che nella compilazione figurassero in misura così larga i testi legislativi imperiali dei secoli più recenti, da Costantino allo stesso Giustiniano, le conferì quella polivalenza che fu uno dei fattori determinanti della sua fortuna postuma. le contraddizioni interne alla compilazione saranno matrice di un lavoro intellettuale creativo.

La tendenza a legiferare e a codificare il diritto, condussero dunque all’opera destinata a diventare il tramite principale della sopravvivenza del diritto antico. fu Costantinopoli a salvare per l’avvenire di un’Europa che ancora non esisteva, il diritto di Roma, mentre Roma era sul punto di soccombere.

Proprio sul terreno delle istituzioni la tarda antichità dette il suo contributo più creativo alla storia della civiltà.

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