Caratteri e finalità dell’ attività di indirizzo

L’attività di indirizzo si esprime con le direttive attraverso le quali gli uffici centrali orientano l’attività degli uffici periferici. Il fine di questa attività è quello del buon andamento degli uffici e dell’imparzialità dell’azione amministrativa. Per quanto riguarda la forma, normalmente, l’attività di indirizzo viene svolta attraverso disposizioni interne {circolari note, relazioni, ecc.), che l’amministrazione centrale impartisce agli uffici periferici. Ma si possono anche avere atti di indirizzo aventi forma regolamentare {decreto ministeriale o decreto governativo), emessi dall’amministrazione centrale per assolvere compiti che ad essa sono attribuiti dalla legge, e che hanno una certa rilevanza esterna.

Gli atti d’indirizzo interni (circolari, note e risoluzioni)

Le circolari le note e le risoluzioni presentano aspetti sostanzialmente comuni, in quanto sono atti emanati dall’amministrazione centrale e diretti agli uffici periferici.

Le circolari sono atti indirizzati dall’amministrazione centrale a tutti gli uffici periferici. Di solito vengono emanate in occasione della pubblicazione di nuove leggi tributarie, al fine di garantirne l’uniforme interpretazione ed applicazione nell’interno territorio nazionale. In ogni caso, l’oggetto delle circolari non si limita all’attività interpretativa. Infatti, oggetto delle circolari può riguardare le modalità di esercizio dei poteri di controllo, di accertamento, di riscossione, ecc. da parte degli uffici periferici.

Le note e le risoluzioni invece sono atti diretti ai singoli uffici, ed attraverso i quali (su richiesta dei medesimi uffici o su richiesta del contribuente interessato) l’amministrazione centrale fornisce istruzioni per la soluzione di specifiche questioni. In questo caso, l’atto dell’amministrazione centrale ha efficacia solo nei riguardi dell’ufficio cui esso è diretto, e del caso concretamente esaminato. Di fatto però assume una indiretta rilevanza di carattere generale, per altri uffici e per i casi analoghi, in virtù del principio costituzionale dell’imparzialità amministrativa (art. 97 Cost.). e della necessità di assicurare parità di trattamento a situazioni uguali.

In questo campo, vi sono stati dibatti su diverse problematiche, in particolar modo si è discusso:

Se l’inosservanza delle direttive possa di per sé, costituire motivo di illegittimità degli atti emessi dagli uffici periferici;
E se le circolari, note e risoluzioni, nel caso in cui siano ritenute illegittime, possano essere impugnate dai soggetti che si ritengano danneggiati da esse.

Sul primo dei due quesiti la risposta è molto incerta. Infatti, nell’ambito amministrativo si ritiene di solito che l’inosservanza delle circolari possa di per sé costituire motivo di illegittimità dell’atto amministrativo. Ma questo orientamento, non è accolto da tutti; e non trova applicazione in materia tributaria.

Per quanto riguarda il secondo quesito, ossia sull’impugnabilità delle circolari, essa viene di solito esclusa in materia tributaria, nonostante la dottrina tenda a volte ad ammetterla, nel presupposto che le circolari abbiano natura di veri e propri atti amministrativi generali.

Gli atti d’indirizzo aventi forma regolamentare (decreti ministeriali e governativi)

Diversi dagli atti d’indirizzo interni, sono quelli emanati con decreto ministeriale o governativo; e quindi aventi forma regolamentare. Tali atti, infatti, ha certamente rilevanza esterna, e l’orientamento dominante ritiene che essi debbano esser considerati atti amministrativi generali. Anche qui si pongono alcuni problemi, e precisamente:
Quello dell’individuazione di criteri distintivi tra i regolamenti riconducibili all’area delle fonti normative e gli atti che sono espressione della funzione amministrativa, e che quindi rappresentano dei semplici atti amministrativi generali;
E il problema della distinzione tra gli atti amministrativi generali a seconda che abbiano o meno attività d’indirizzo.

Per quanto riguarda il primo quesito, non vi sono soluzioni certe in dottrina, anche perché molti negano l’esistenza di criteri distintivi generali. Pertanto, per dare una risposta a questo quesito, bisogna guardare all’esistenza o meno di quei requisiti di generalità e astrattezza che caratterizzano la funzione normativa. In virtù di ciò, i regolamenti devono essere assunti come espressione di attività normativa, volti a completare particolari aspetti della disciplina tributaria, e quindi fanno parte della disciplina dei rapporti tra Stato e cittadino; mentre devono essere considerati espressione della funzione amministrativa gli atti che, pur avendo forma regolamentare, mancano dei requisiti di generalità ed astrattezza, in quanto sono diretti a disciplinare il modo di agire della Pubblica Amministrazione, e quindi hanno effetti soltanto indiretti sui cittadini.

Per quanto riguarda il secondo quesito, sembra che l’individuazione degli atti d’indirizzo debba ricollegarsi alla natura dell’interesse pubblico perseguito; nel senso che si devono considerare atti d’indirizzo {regolamenti din di rizzo) quelli che dal punto di vista dei contenuti sono simili alle direttive che l’amministrazione centrale può normalmente dare attraverso le circolari ministeriali.

Detto questo bisogna dire che questi regolamenti d’indirizzo non possono costituire oggetto né di disapplicazione né di applicazione in sede giurisdizionale, in virtù del fatto che ci troviamo in presenza di atti aventi una incidenza solo indiretta sul rapporto Stato-cittadino. Inoltre, tali regolamenti sono impugnabili (a differenza delle circolari ministeriali), in quanto atti amministrativi generali, da chiunque ne abbia interesse, quando il loro contenuto sia ritenuto, in tutto o in parte, illegittimo.

 

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