La contrapposizione tra un ceto aristocratico, solidamente strutturato in gentes, e gruppi assai più numerosi di cittadini, stanti in condizioni di inferiorità, indicati dall’inizio come plebs, è un dato costante nei richiami fatti dagli autori antichi alle origini di Roma.
Tuttavia il problema dell’origine della plebe e della sua successiva storia si presenta come uno dei più oscuri per tutta l’età arcaica di Roma. Il motivo di tali difficoltà consiste essenzialmente nel numero e nella varietà dei fattori che possono aver favorito tale contrapposizione sociale e nelle molteplici interpretazioni che gli storici moderni hanno potuto formulare in tal proposito.
La tesi condivisa dagli storici moderni è quella che individua la formazione dei due gruppi sociali antagonisti come il risultato di un processo storico sviluppatosi all’interno della stessa vicenda cittadina, non come un dato esistente a priori e necessariamente statico.
Nel secolo scorso ci furono due diverse ipotesi ricostruttive:
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quella di Niebur: secondo cui la città, derivata dalla fusione dei 3comuni autonomi sfociati nelle 3 tribù romulee, aveva come suoi membri di pieno diritto solo i patres, inquadrati nelle curie.
Al di fuori dell’ambito cittadino restavano le popolazioni conquistate da Roma e trasferite nelle sue immediate vicinanze o ivi migrate volontariamente. Esse non potevano essere assorbite all’interno della comunità dei cives per l’impossibilità di creare una nuova tribù. Tuttavia tali gruppi erano composti da uomini liberi che partecipavano alla vita economica della città. Solo il governo dello Stato era loro precluso, restando privilegio esclusivo della gentes.
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quella di Ihne e Mommsen: per costoro l’originaria cittadinanza romana andrebbe identificata con le gentes patrizie.
Essi tuttavia danno un maggior peso alla clientela come elemento costitutivo del nuovo ceto plebeo che avrebbe tratto origine dall’allentarsi dei vincoli che legavano i clienti, assegnatari di una parte del territorio agricolo da coltivare, alle gentes patrizie. Gli autori pertanto identificavano nella clientela e il nucleo originario della plebe.
A partire dagli ultimi anni dell’800 vennero avanzate delle forti obiezioni alle tesi dominanti, legate soprattutto al carattere esclusivamente patrizio della primitiva cittadinanza romana, quale presupposto di tutte le ricostruzioni. Si poneva infatti il problema di quando la plebe sarebbe poi stata integrata nelle curie dei cittadini. Non essendovi alcuna memoria nei testi pervenutici, è supponibile che tale partecipazione esistesse sin dall’inizio e ciò porta ad escludere che la primitiva cittadinanza romana fosse composta delle sole gentes.
A seguito di ciò si può asserire che la genesi della plebe risale alle origini stesse della città mentre lo sviluppo dell’antagonismo e i contenuti del conflitto fra plebei e patrizi trovano il loro massimo sviluppo in un’epoca più tarda, cioè nel I secolo della Repubblica.
Sulla base di questa diversa prospettiva molti autori moderni hanno proposto una diversa e più articolata ricostruzione del processo di formazione della plebe. In particolare essi hanno spostato il processo di differenziazione fra i due ordini e la loro contrapposizione. Per l’età monarchica infatti è attestata solo la presenza delle strutture gentilizie e la loro progressiva definizione nel senso di un compatto sistema aristocratico. Meno netta, invece, è la situazione degli elementi che verranno a costituire la plebe.
È nell’ultimo secolo della monarchia che prende corpo un processo nuovo che vede l’aristocrazia ai vertici della società gentilizia confrontarsi con una forza antagonista. Questo fenomeno corrisponde ad una fase della storia romana in cui il ruolo delle gentes e del patriziato subisce una prima seria limitazione dai re etruschi. Si passa quindi ad una fase della storia romana in cui si verificano profonde trasformazioni economiche e istituzionali, grazie alle riforme dei re etruschi, che implicano un indebolimento dei gruppi aristocratici e la creazione di un nuovo equilibrio di forze all’interno di una società più complessa e più ricca di contraddizioni, fra le quali quella espressa dal progressivo emergere di gruppi sociali esterni al patriziato: i futuri plebei.