Tale disciplina è oggetto di convenzioni internazionali ed è sottoposta alla sovranità dello Stato costiero nei limiti delle 13 miglia, misurate secondo il sistema delle linee rette (si congiungono i punti sporgenti della costa o delle isole eventualmente presenti).

Al momento della creazione della CE, la disciplina dei trasporti marittimi fu guardata con scarso interesse, tuttavia una sentenza della Corte di giustizia del 1974 affermò che anche tale materia fosse sottoposta alle regole del Trattato, anche se diversi ordini di motivi legati alla sovranità di ogni stato, hanno limitato l’ambito di incidenza dell’intervento comunitario salvo il coordinamento delle attività internazionali degli Stati membri.

Per ciò che riguarda la tutela dell’ambiente, le normative nazionali sono di dettaglio rispetto alle convenzioni internazionali (le più rilevanti sottoscritte dall’IMO), e nel nostro Paese la legge più rilevante è quella “difesa del mare” del 1993.

Con riferimento invece al diritto di pesca, vi sono innanzitutto dei dubbi sulla sua assimilazione ad una branca del diritto (si ritiene recentemente sia quello agrario), ma in ogni caso non presenta una disciplina organica.

Nel 1931 vi fu una legge che disciplinò l’esercizio della pesca e gli aspetti previdenziali, nel 1965 si distinse tra la pesca marittima e quella in acque interne (acquacoltura) per conseguire la tutela dell’ittiofauna – con la creazione di riserve – e lo sfruttamento razionale delle risorse del mare – con la protezione di singole specie e la limitazione delle licenze di pesca – e nel 1982 vi fu una legge che ha previsto che il Ministro delle politiche agricole adotti il piano triennale della pesca e dell’acquacoltura tenuto conto della programmazione statale e regionale e della normativa comunitaria ed internazionale.

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