L’applicazione provvisoria di misure di sicurezza
Alcune misure di sicurezza possono essere applicate provvisoriamente a scopi cautelari ex art. 312: si tratta del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario per l’imputato che sia affetto da vizio di mente totale o che sia semi infermo di mente, dunque un soggetto ritenuto incapace di intendere e di volere al momento del fatto, ricoverato in attesa di una sentenza che lo dichiari non punibile per infermità mentale.
Occorre che siano presenti gravi indizi di commissione del fatto, che l’imputato sia socialmente pericoloso e che non siano applicabili cause di giustificazione o di non punibilità.
La riparazione per l’ingiusta detenzione
La riparazione per l’ingiusta detenzione è un istituto assolutamente inedito per la nostra tradizione codicistica, che deve coordinarsi con le ipotesi di riconoscimento dei danni da responsabilità civile dei magistrati in materia di provvedimenti concernenti la libertà personale.
L’art. 314 ha individuato due fasce di ipotesi di detenzione nelle quali si profilano i presupposti di una situazione di ingiustizia rilevanti ai fini di una equa riparazione. La prima fascia è riferita dal comma 1 dell’art. 314 alla situazione dell’imputato che, dopo aver subito un periodo di custodia cautelare sia stato prosciolto con sentenza irrevocabile per non aver commesso il fatto, ovvero perché il fatto non costituisce reato, o ancora perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. E lo stesso vale per quanto riguarda la persona nei cui confronti sono stati pronunciati, al termine delle indagini preliminari, una sentenza di non luogo a procedere, con le medesime formule, ovvero addirittura un provvedimento di archiviazione.
In queste ipotesi la disciplina dell’art. 314 si affianca, per chiunque sia stato sottoposto a custodia carceraria, ovvero agli arresti domiciliari, il riconoscimento ex art. 102-bis disp. att. del diritto di essere reintegrato nel posto di lavoro dal quale sia stato licenziato a causa di tale ingiusta detenzione.
Diverse sono le situazioni riferibili alla seconda fascia, che il comma 2 dell’art. 314 definisce con riguardo al caso dell’imputato già sottoposto a custodia cautelare nel corso del processo, facendo riferimento alle ipotesi in cui sua stato accertato con decisione irrevocabile che il relativo provvedimento era stato emesso, o mantenuto, senza che sussistessero le condizioni di applicabilità ex artt. 273 e 280. L’istituto opera anche con riferimento alle ipotesi di detenzione originata da arresto in flagranza o da fermo disposto ex art. 384.
Il comma 4 dell’art. 314 esclude la configurabilità di un diritto alla riparazione per quella parte della custodia cautelare che sia stata computata ex art. 657 ai fini della determinazione della misura di una pena, ovvero per il periodo in cui le relative limitazioni siano state sofferte anche in forza di un altro titolo.
L’art. 315 dispone che la domanda di riparazione debba essere proposta, a pena di inammissibilità, entro due anni dal giorno in cui divenute irrevocabili le sentenze rispettivamente previste dai commi 1 e 2 dell’art. 314, o sia divenuta inoppugnabile la sentenza di non luogo a procedere, ovvero dal giorno in cui il provvedimento di archiviazione sia stato notificato al soggetto destinatario. Per il resto si rinvia alla disciplina della riparazione dell’errore giudiziario prevista dagli artt. 643-647. Per l’individuazione della corte d’appello competente si osserva l’art. 10 disp. att.