Quando viene pronunciata l’incompetenza vi è la possibilità di riassumere la causa dinnanzi al giudice competente, entro 3 mesi dalla comunicazione del provvedimento. Il processo non termina con la pronuncia del provvedimento sull’incompetenza.

Questo istituto fa salvi gli effetti sostanziali della domanda, e anche quelli processuali (nel senso che la causa continua a pendere dal momento della notificazione del primo atto di citazione). Gli effetti sostanziali sono diversi (es. il convenuto viene messo in mora).

La domanda produce degli effetti sostanziali dal momento della sua proposizione:

– Effetto interruttivo della prescrizione (o effetto interruttivo istantaneo): consegue alla mera proposizione della domanda (art. 2943 cc.). Questo effetto interruttivo si produce:

  • Se la domanda è proposta con atto di citazione, dal momento della notificazione della citazione;
  • Se la domanda è proposta con la domanda riconvenzionale (dal convenuto nei confronti dell’attore), dal momento del deposito della comparsa di risposta;
  • Se la domanda è proposta da un soggetto che interviene, dal momento del deposito in cancelleria della comparsa d’intervento (primo atto dell’interveniente).

– Effetto sospensivo della prescrizione (o effetto interruttivo permanente): l’art. 2945.2 cc. afferma che la prescrizione non corre fino al momento del passaggio in giudicato della sentenza definitiva (per tutta la durata del processo, nei suoi vari gradi, la prescrizione non inizia a correre, il termine rimane sospeso).

Questo effetto è ricollegato pacificamente ad una qualsiasi sentenza definitiva, sia di merito sia di rito (fino alla fine degli anni ’70 si produceva questo effetto sospensivo solo se la sentenza definitiva era di merito, non quando era di rito).

Se viene meno l’effetto sospensivo, il termine di prescrizione inizia a decorre dall’ultimo momento in cui è stato interrotto (dal momento della notificazione dell’atto di citazione).

L’effetto sospensivo non si verifica quando il processo si chiude con un’estinzione (il processo si chiude senza che vi sia una sentenza definitiva, di merito o di rito). Le cause di estinzione sono due:

  • Inattività delle parti (art. 307 c.p.c.): mancato compimento di una attività entro un certo termine. Questo termine può essere di due tipi:
    • Perentorio: in questo caso il processo si estingue immediatamente (es. art. 102 c.p.c. che prevede la mancata integrazione nel contradditorio entro il termine stabilito dal giudice);
    • Non perentorio: la causa viene cancellata dal ruolo e rimane pendente in uno stato di quiescenza durante il quale può essere riassunta davanti al giudice (dopo la L. 69/’09 il termine è di tre mesi). Alla scadenza si verifica l’estinzione (es. art. 107 c.p.c. che prevede la mancata ottemperanza all’ordine del giudice di chiamare in causa in terzo).
    • La mancata attività è senz’altro responsabilità anche dell’attore (non può verificarsi l’estinzione per inattività delle parti senza il concorso della volontà dell’attore);
  • Rinuncia agli atti del giudizio (art. 306 c.p.c.): può essere formulata solo dall’attore che rinuncia allo svolgimento del processo ulteriore (quindi alla pronuncia di una sentenza). Talvolta la rinuncia deve essere accettata dal convenuto che potrebbe avere un interesse alla prosecuzione del processo. Quindi mai può verificarsi l’estinzione del processo senza il concorso della volontà dell’attore. Il fatto che l’effetto sospensivo non si verifichi quando il processo si chiuda con un’estinzione dipende dal fatto che non sarebbe giusto che l’attore beneficiasse di tale effetto quando il processo si è estinto anche per sua responsabilità (per beneficiare dell’effetto sospensivo deve coltivare il processo).
  • Anche qui non può esserci estinzione del processo per rinuncia agli atti del giudizio senza il concorso della volontà dell’attore.

– Impedimento della decadenza: questa viene impedita dal momento della proposizione della domanda. Se però il processo si estingue viene meno l’effetto impeditivo della decadenza.

Attività compiute davanti al giudice incompetente:

Questo problema dipende da come si qualifica la competenza. La domanda proposta davanti al giudice incompetente non è viziata, il processo può considerarsi validamente instaurato e può proseguire davanti al giudice competente. La competenza è condizione di validità degli atti processuali (quelli successivi alla domanda). Da questa impostazione dovrebbe conseguire che tutta l’attività processuale svolta successivamente la proposizione della domanda sia considerata invalida e che quindi non possa essere utilizzata davanti al giudice competente.

Il problema si pone soprattutto per le prove raccolte dal giudice incompetente. Questa attività dovrebbe essere considerata invalida, tuttavia la giurisprudenza ritiene di poterla utilizzare ai fini del procedimento davanti al giudice competente (ritiene che abbiano piena efficacia).

Qualificazione della sentenza che dichiara l’incompetenza del giudice:

È un problema che non si pone più dopo della riforma poiché ora la pronuncia di incompetenza avviene solo con ordinanza.

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