La condicio iuris è un avvenimento futuro e incerto dalla cui esistenza la legge fa dipendere la punibilità del reato, indipendentemente dall’atteggiamento della volontà del soggetto agente rispetto ad esso. Figure di reato sottoposte a condizione oggettiva di punibilità sono esempio: l’incesto (564) dove la punibilità è condizionata dal pubblico scandalo, riassumendo una serie di avvenimenti futuri e incerti rispetto cui è irrilevante la volontà del soggetto agente rendendo irreversibile la realizzazione del danno criminale conseguente all’incesto, la bancarotta fraudolenta (216) per cui la punibilità di una serie di comportamenti di distrazione, occultamento, dissimulazione, distruzione di beni è subordinata alla dichiarazione di fallimento dell’autore di quei comportamenti. Questa categoria giuridica pone problemi: innanzitutto si nega da parte di una dottrina la possibilità di distinguere tra elementi costitutivi del reato e condizioni oggettive di punibilità. Se il reato è il fatto umano cui si ricollega la conseguenza della punibilità e se dalla condizione obiettiva dipende la punibilità, essa è un elemento integrante del reato e fa parte del comportamento costituente l’illecito penale indipendentemente dall’opinione dei legislatori ex 44 C.P. Essa è un’opinione frutto di un errore di metodo perchè quando si dice che il reato è costituito dal complesso degli elementi condizionanti la punibilità, allora ci si confonde tra reato e fattispecie criminosa: la fattispecie altro non sarà che il complesso di fatti giuridici cui è ricollegata una conseguenza canzonatoria e il reato non necessariamente coincide con essa (anche se di norma esaurisce la fattispecie). Il problema di determinare la natura delle condizioni oggettive di punibilità, se si tratti di elementi costitutivi del reato o esterni ad esso, riveste importanza solo se dall’accoglimento dell’una o dell’altra soluzione discendano diverse conseguenze. È un’altra la questione fondamentale: quella di individuare i criteri diagnostici che permettono di qualificare un elemento come condizione obiettiva di punibilità, con conseguenza che ne discende in ordine alle modalità di imputazione. Se facciamo un inquadramento storico comprendiamo il senso della fenomenologia di questi fatti giuridici: se esempio: la legge avesse voluto solo punire l’immoralità del fatto del delitto d’incesto, avrebbe rinunciato alla presenza della condizione oggettiva di punibilità, invece ha subordinato la punibilità al verificarsi del pubblico scandalo, colpendo quindi la dannosità sociale. In pratica la categoria delle condizioni oggettive subordinando la punibilità di certi reati ad elementi esterni alla dinamica del fatto, cristallizza in formule generali e uguali per tutti le considerazioni di opportunità in ordine al promovimento dell’azione penale, prima lasciate al giudizio dei preposti del meccanismo sanzionatorio . Avvalendoci dell’argomento storico possiamo rilevare che condizioni oggettive di punibilità sono quei fatti giuridici estranei all’offesa all’interesse tutelato rispondenti a un ordinamento di valutazioni diverse rispetto a quelle conducenti alla previsione del fatto di reato, oppure tali che il loro verificarsi rende irreversibile la lesione degli interessi offesi dalla precedente condotta (in questa seconda ipotesi si definiti vizza il danno criminale insito in un certo comportamento). Mediante l’indagine di carattere storico si arriva al cosiddetto “criterio diagnostico” che pare esser l’unico che consenta l’individuazione precisa delle condizioni di punibilità (cioè degli elementi imputati ancorchè non voluti dal soggetto agente).

Criterio storico-realistico. La diversa tecnica usata dal legislatore indica una diversa presa di posizione in ordine all’appartenenza o estraneità del fatto costitutivo di reato del danno o della possibilità del danno: più esattamente il criterio di imputazione del danno. Ex 264 l’accollo di questo elemento avviene anche se non voluto dal soggetto agente e si risponde per fatto previsto dal 499 quando il danno sia oggetto del dolo. La forma espositiva adottata dal legislatore può esser una spia della presenza di una condizione oggettiva di punibilità specie sul piano negativo. Dove il rapporto di causalità si pone tra condotta e evento è difficile parlare di condizione oggettiva di punibilità, mentre se il rapporto di causalità è instaurato tra l’intero fatto e l’evento ulteriore, si ricorre al criterio realistico. Dobbiamo quindi chiederci se l’evento condizionante sia estraneo all’offesa contenuto del reato o almeno ne rappresenti un momento di consolidamento definitivo e irreversibile. Es la sentenza di condanna che aggrava il delitto di calunnia: qui il legislatore pone il rapporto di causalità tra l’intero fatto e la condanna, ma la condanna è generalmente considerata evento aggravatore del reato non condizione oggettiva di punibilità. Riguardo alla natura dell’interesse tutelato si potrebbe dire che la condanna rende irreversibile la lesione dell’interesse tutelato dalla norma sulla calunnia. Non è però condizione oggettiva di punibilità: quest’ultima apporta al fatto l’elemento necessario al prodursi della conseguenza canzonatoria, la calunnia invece è perfezionata e punibile prima o indipendentemente dalla condanna del soggetto incolpato: quindi la condizione oggettiva di punibilità inerisce a un fatto di per se non produttivo di conseguenze canzonatorie, la condanna del calunniato inerisce a un fatto per cui le condizioni necessarie al determinarsi della punibilità si son verificate. Questo è l’unico criterio in grado di individuare le condizioni oggettive di punibilità.

Ci si può tornare quindi a chiedere che significato abbia sul piano interpretativo aderire alla soluzione secondo cui le condizioni oggettive di punibilità sono elementi costitutivi del reato oppure alla soluzione secondo cui sono elementi estranei al reato. L’applicazione meccanica dell’uno o dell’altro punto di vista porterebbe a diverse conseguenze: es se la condizione oggettiva di punibilità è estranea al reato, il pubblico ufficiale dovrebbe denunciare al Giudice ogni volta che abbia avuto notizia di un fatto di reato anche se privo della condizione oggettiva di punibilità (361). Ragionare così vuol dire esser viziati da concettualismo: il legislatore non può usare certi termini attribuendo loro sempre lo stesso senso e il significato di questi termini normativi discende dall’interpretazione che tenga conto degli interessi tutelati.

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