Circa il problema della rilevanza delle circostanze, previste per il reato perfetto, rispetto al delitto tentato, occorre distinguere tra:

  • delitto tentato circostanziato, che si ha quando, pur non essendosi il diritto perfezionato, la circostanza si è concretamente realizzata (circostanza perfetta) (es. tentato furto con praticata effrazione).
  • delitto circostanziato tentato, che si ha quando la circostanza, pur non essendo stata realizzata, rientra nel proposito criminoso dell’agente e gli atti compiuti sono idonei e diretti in modo non equivoco a commettere il delitto circostanziato (circostanza tentata) (es. tentativo di rubare il contenuto di una cassaforte da parte di un soggetto colto con la lancia termica presso la stessa).

Il punctum pruriens della disciplina, tuttavia, dovuto alle riscontrate difficoltà di individuare due distinti ed adeguati criteri di determinazione della pena per le suddette figure, può essere risolto nel seguente modo:

  • per il delitto tentato circostanziato, individuando la cornice edittale della pena del delitto tentato semplice (diminuendo di un terzo il massimo edittale e di due terzi il minimo edittale della pena prevista per il delitto perfetto semplice), determinando, tra tale massimo e minimo, la pena in concreto (ex art. 133) per il delitto tentato semplice e aumentando o diminuendo (ex art. 63 co. 1) la stessa per la circostanza realizzata.
  • per il delitto circostanziato tentato, individuando la cornice edittale della pena del delitto perfetto circostanziato, determinando la cornice edittale della pena per il delitto circostanziato tentato e determinando, nell’ambito di tale cornice, la pena in concreto per il delitto tentato.
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