Nel codice Rocco la collocazione dei reati sessuali è stato criticata:

– Innanzitutto per il suo anacronismo

– Perché era vista come il prodotto del modo di concepire la sfera sessuale tipico di una ideologia autoritaria

– Perché erano stati combinati tra loro elementi inconciliabili.

Essi erano contenuti nel titolo IX “delitti contro la moralità pubblica e il buon costume” in cui era inserito il capo I dedicato ai “delitti contro la libertà sessuale”. Non ci si spiega come mai un titolo preposto alla tutela di un bene collettivo, contenesse poi un capo in cui erano inseriti reati offensivi di un diritto di libertà individuale.

A giustificazione di ciò:

Manzini sosteneva che la libertà sessuale integrasse l’ordine giuridico costituito dalla pubblica moralità e dal buon costume.

Altri autori sostenevano che i delitti contro la libertà sessuale costituiscono la lesione di un interesse di natura pubblica, consistente nella moralità pubblica e buon costume, che è preminente sulla libertà individuale.

Quindi vi era una preminenza del profilo pubblicistico su quello privatistico.

L’ambigua impostazione classificatoria del Codice Rocco non è frutto di una scelta illiberale in materia, poiché la “sublimazione pubblicistica” dell’oggetto della tutela segnava un punto di precisa continuità con il periodo precedente, mentre l’incoerenza è il connotato di fondo che aveva caratterizzato anche più pesantemente le proposizioni dei giuristi liberali.

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