In assenza di legge che regoli l’esercizio, dottrina e giurisprudenza hanno individuato i limiti coessenziali allo sciopero.

Nello opinione tradizionale, lo sciopero era consentito per la tutela dell’interesse collettivo professionale proprio di chi sciopera e come mezzo di lotta per influire sul datore di lavoro al fine di ottenere più favorevoli trattamenti economici o normativi. È questo uno sciopero detto a fini contrattuali o economico- professionali, tendente a risolvere controversie economiche.

Prevalente è anche l’opinione per cui lo sciopero è consentita anche per la soluzione di controversie giuridiche, attinenti cioè all’interpretazione o alla stessa applicazione della disciplina legale o di quella sindacale vigente.

I lavoratori non mirano al ricorso allo sciopero che soltanto il giudice potrebbe dare (accertamento o condanna giudiziaria), ma tendono ad ottenere una nuova disciplina contrattuale che elimini le certezze della vecchia disciplina invocata dal datore o dai datori di lavoro per giustificare il loro atteggiamento.

Lo sciopero continua ad essere motivato esclusivamente con il perseguimento dell’interesse collettivo.

La corte costituzionale ha poi ritenuto legittimo lo sciopero politico, a condizione che sia stato proclamato per ” rivendicazioni riguardanti il complesso degli interessi dei lavoratori che trovano disciplina delle norme poste sotto il titolo III della parte prima della costituzione”.

In tal modo, si ritiene che il diritto di sciopero rimanga corrente alla sua tradizionale funzione.

Gli scioperi esclusivamente a fini politici sono illegittimi in quanto costituiscono inadempimento dell’obbligazione di lavorare ( non v’è dunque un diritto allo sciopero). Tuttavia essi sono penalmente illeciti ( e quindi v’è libertà di sciopero politico), a meno che non siano diretti a sovvertire l’ordinamento costituzionale ovvero ad impedire o ostacolare il libro esercizio dei poteri legittimi nei quali si esprime la sovranità popolare.

Lo sciopero di solidarietà è esercitato non già nell’interesse diretto dei lavoratori scioperanti, ma per sostenere le rivendicazioni di altri gruppi di lavoratori ovvero per protestare contro la violazione degli interessi o dei diritti di un lavoratore. Per la corte costituzionale, lo sciopero di solidarietà è legittimo ogni volta il giudice ordinario accerti che l’affinità delle esigenze che motivano l’agitazione sia tale da far ritenere che, senza l’associazione di tutti in uno sforzo comune, esse rischino di rimanere insoddisfatte”.

 

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