Nell’ambito dell’ampio sistema socialistico, le risposte nei confronti della questione sociale cominciarono a differenziarsi:

  • alcuni proponevano una contestazione radicale del sistema capitalistico (Marx).
  • altri proponevano un lento percorso di correzioni graduali all’ordine esistente.

Secondo il padre del socialismo rivoluzionario, Karl Marx, il sistema non poteva essere migliorato, ma, al contrario, doveva essere abbattuto, tramite una rivoluzione violenta che sarebbe stata la risultante di una progressiva esplosione delle contraddizioni insite nel capitalismo. Tale rivoluzione, a sua volta, avrebbe condotto all’edificazione di una società senza classi. Quanto ai diritti dei lavoratori, quindi, essi non interessavano a Marx che li riteneva incapaci di costituire uno strumento di vera emancipazione. Tuttavia, fu proprio la pressione immediata per i diritti, ossia l’urgenza di fare qualcosa per migliorare la condizione delle classi lavoratrici, che indusse una parte del movimento socialista (riformista) a distaccarsi dalle posizioni dei marxisti più radicali.

Le conseguenze di tali distaccamenti variarono in base agli Stati:

  • in Francia, nell’assemblea costituente del 1848, si discusse animatamente del diritto del lavoro. Emerse <<la consapevolezza di trovarsi di fronte ad un diritto peculiare, un nuovo diritto>>, che per essere soddisfatto esigeva un profondo mutamento nella funzione dello Stato, imponendo il passaggio da uno Stato che si limita a controllare il rispetto della libertà-proprietà a uno Stato che entra da protagonista nel processo produttivo.
  • in Germania, la socialdemocrazia tedesca cominciò ad inserire nei programmi politici la rivendicazione dei diritti sociali, pur mantenendo fermo, per il lungo termine, l’obiettivo rivoluzionario, che, al contrario, si perdeva nel filone <<riformista>>, il quale, cercando un compromesso con il sistema capitalistico, si distaccava completamente dal pensiero di Marx.
  • in Italia, il movimento socialista culminò nella costituzione, nel 1892, del Partito socialista. La lotta fra correnti rivoluzionarie e riformiste avrebbe portato solo successivamente, nel 1921, alla scissione tra comunisti e socialisti.
  • in Inghilterra il socialismo <<fabiano>> accompagnò i primi passi del movimento sindacale inglese e la costituzione, da una costola delle Trade Unions, del Partito laburista.

In questo insieme di partiti e movimenti debbono rintracciarsi le origini della lotta per i diritti del lavoro, e quindi la prima reazione politica alla questione sociale.

La questione sociale, tuttavia, seppe alimentarsi anche mediante la dottrina sociale cattolica, proclamata nell’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII (1891). I cattolici, infatti, non furono meno violenti dei socialisti nel denunciare i mali sociali dell’industrialismo e della rivoluzione liberale. A loro parere occorreva tornare alle corporazioni medievali, che sole potevano consentire di temperare il disordine sociale arrecato dal capitalismo, senza comunque cadere nel male opposto del socialismo.

A poco a poco le rivendicazioni sociali cominciarono a fare breccia anche nella parte più illuminata del pensiero politico e degli schieramenti liberali. A cavallo tra i due secoli, quindi, i partiti di ispirazione socialista e laburista iniziarono a far sentire la loro presenza sul terreno politico-legislativo, mettendo contemporaneamente da parte, nonostante la Rivoluzione russa del 1917, gli obiettivi rivoluzionari.

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