Responsabilità delittuosa. La responsabilità penale del datore potreb­be aversi, oltre che per la violazione della legislazione prevenzionistica, la quale sancisce pene contravvenzionali, anche per la violazione degli artt. 437 e 451 cp., che viceversa stabiliscono pene delittuose, come la reclusio­ne e la multa. I reati contravvenzionali, come anche quelli delit­tuosi previsti dal codice penale, sono reati di pericolo: la relativa respon­sabilità consegue alla violazione dei doveri imposti, a prescindere dal veri­ficarsi dell’ evento.

L’art. 437 cp. Chiunque omette di collocare im­pianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul la­voro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Il verificarsi dell’evento comporta, a parte la responsabilità per altri reati come omicidio o lesioni colpose, un aggravio della pena, essendo prevista la reclusione da tre a dieci anni. Come i reati contravvenzionali, anche quello previsto dall’art. 437 cp è anzitutto un reato di omissione, come tale un reato proprio, cioè, che può essere compiuto soltanto dai soggetti sui quali grava il dovere di predisporre le misure di prevenzione.

È difficile stabilire il rapporto tra i reati contravvenzionali e quello sancito dall’art. 437 cp.. Secondo la giurisprudenza di cassazione sarebbero fattispecie diverse anzitutto per l’aspetto oggettivo, in quanto soltanto la disposizione del codice penale tutelerebbe l’incolumità pubblica; ne è conseguita l’esclusione del concor­so oggettivo di reati, affermandosi soltanto, in caso di violazione della le­gislazione prevenzionistica, la responsabilità comravvenzionale.

Critica all’orientamento della separazione. Si può dubitare di tale tesi, in quanto da un lato si ritiene che la tutela dell’ ambiente di lavoro, cui è preposta la normativa prevenzionistica, sia tutela dell’incolumità pubbli­ca, dall’altro l’art. 437 cp. fa espressamente riferimento alle misure dirette a prevenire, oltre che disastri, infortuni sul lavoro. La distinzione tra la fattispecie del codice e quella cotravvenzionale della legislazione prevenzionistica consiste nell’elemento soggettivo. Per il reato dell’art. 437 cp. occorre che il soggetto abbia la rappresentazione del pericolo che deriva dall’omissio­ne delle misure di prevenzione; rappresentazione che non è richiesta per le contravvenzioni, essendo sufficiente che dalla violazione sia derivato il pericolo d’infortunio. Occorre cmq che la violazione delle norme prevenzionistiche sia volontaria, dovendosi escludere ogni responsabilità nel caso in cui l’omissione sia derivata da forza maggiore.

L’art. 437 cp. contempla anche un reato di commissione, consistente nella rimozione o nel danneggiamento degli strumenti rivolti alla prevenzione di disastri o infortuni sul lavoro, che, in quanto tale, non essendo un reato proprio, può essere commesso da chiunque.

Art. 451 cp. Una diversa fattispecie di reato è contemplata dall’art. 451 cp., in base al quale chiunque, per colpa, omet­te di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o altri mez­zi destinati all’estinzione di un incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa da lire duecento mila ad un milione. Si tratta di un reato di pericolo colposo, come conseguenza delle omissioni o delle rimozioni o danneggiamenti, a prescindere da qualsiasi rilevanza della rappresentazione del pericolo da parte da chi ha tenuto il comportamento vietato.

Le differenze. A parte l’elemento soggettivo la differenza tra l’art. 451 cp. rispetto all’art. 437 cp. consiste nel fatto che mentre i comportamenti previsti dal secondo ar­ticolo sono diretti a prevenire disastri o infortuni, e sono quindi compor­tamenti ex ante, quelli previsti dal primo sono comportamenti diretti a prevenire l’aggravarsi delle conseguenze di un infortunio o di un disastro, e sono quindi comportamenti ex post.

Trattandosi di reato colposo assume rilevanza anche nel caso di com­portamenti ex ante ai quali sia estraneo l’elemento soggettivo del dolo, in quanto gli stessi comportamenti diretti ad impedire l’aggravamento di un infortunio si configurano come comportamenti ex ante rispetto al verifi­carsi di un disastro.

Nel caso del verificarsi dell’infortunio, che dia luogo a morte o lesioni del lavoratore, si verificano i rea­ti colposi, contemplati dagli artt. 589 e 590 cp., consistenti in un evento in dipendenza dell’omissione o della rimozione o del danneggiamento, con esclusione dell’intenzione dell’autore. Nel caso di lesioni colpose, il reato è comunque perseguibile di ufficio, anche nelle ipotesi in cui occorre, fuori dagli infortuni sul lavoro, la querela di parte (art. 590 ult. co. cp.).

 

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