L’azione sindacale procede attraverso una serie di modelli che, sebbene siano tipici, variano in relazione ai diversi contesti nazionali e momenti storici. Il dato forse più costante, al riguardo, è l’identificazione come obiettivo fondamentale dell’azione sindacale della regolazione congiunta delle condizioni di lavoro, che si realizza soprattutto tramite la stipulazione dei contratti collettivi. Se il contratto collettivo è il fine, il mezzo viene tradizionalmente individuato nello sciopero, il quale, tuttavia, pur mantenendo importanza come risorsa strategica, non è più l’unico scenario dell’azione sindacale. A partire dagli anni ’80, infatti, l’azione diretta è stata progressivamente sostituita, o comunque affiancata, da logiche variamente orientate alla collaborazione sociale.

Le relazioni sindacali, quindi, si proiettano al di lĂ  del tradizionale binomio contratto collettivo/ sciopero, cosa questa che accade ad almeno due livelli funzionali:

  • a livello meta-aziendale, si può verificare il fenomeno della concertazione, che conferisce al sindacato lo status di soggetto politico, con pericolosi rischi di contiguitĂ  con i partiti politici e le loro strategie.
  • a livello di singola azienda o di gruppo di imprese, la contrattazione tende ad evolversi verso una periodica, se non quotidiana, partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti alla gestione delle imprese.

L’azione dei sindacati, comunque, si esplica non soltanto nelle relazioni con la controparte sociale, bensì anche nell’erogazione di vari servizi ai lavoratori (es. consulenza, assistenza legale, gestione delle pratiche fiscali). Secondo taluni, quella di un sindacato di servizi è una possibile nuova dimensione dell’azione di un sindacato in crisi di rappresentatività, e forse, ancor più, di presa sulla realtà sociale odierna. Tale opinione, tuttavia, è fortemente criticata da altri, che vedono in una simile prospettiva un regresso del ruolo sindacale.

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