Secondo la previsione normativa, il contratto nullo può produrre gli effetti di un contratto diverso, del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma, se, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che esse lo avrebbero voluto se ne avessero conosciuto la nullità.

La conversione (sostanziale) del contratto nullo è, pertanto, una modifica del contratto che si realizza eliminando gli elementi invalidi del contratto ed utilizzandone quelli validi. In tal modo, il contratto produrrà effetti più ristretti, corrispondenti a quelli di un altro contratto, del quale presenti i requisiti di sostanza (soggetti e oggetto) e di forma.

La modifica del contratto opera sì per effetto di legge ma non in contrasto con l’atto di autonomia privata, infatti essa opera nel sostanziale rispetto del programma voluto dalle parti.

Tradizionalmente, fondamento della conversione è il principio di conservazione del contratto; tuttavia sul punto una recente dottrina è dissenziente ravvisandone il fondamento nel principio di buona fede.

Occorre evidenziare che il ricorso alla conversione del contratto nullo è inapplicabile al contratto inesistente;

così come non potrà avere luogo la conversione se il contratto non si è concluso. Si ritiene ancora che la conversione sia inapplicabile al contratto illecito in quanto lo scopo delle parti sarebbe comunque irrealizzabile.

Si discute, invece, se la conversione sia applicabile al contratto annullabile. Una soluzione positiva incontra questa difficoltà e cioè che il contratto annullabile è produttivo dei suoi effetti e la conversione verrebbe, quindi, a modificare un contratto che la parte, nelle cui interesse è posta all’invalidità, potrebbe voler tenere fermo.

Per stabilire se ricorra la possibilità della conversione il giudice dovrà valutare:

a) Il rapporto di continenza: cioè dovrà verificare se il contratto nullo contiene di requisiti di sostanza e di forma del contratto diverso;

b) e che gli interessi delle parti siano soddisfatti dal nuovo contratto.

La conversione opera di diritto e la sentenza giudiziale che dichiara la conversione è quindi una sentenza di accertamento. La conversione, inoltre, deve essere rilevata d’ufficio quando una delle parti propone l’azione di nullità.

La conversione sostanziale del contratto nullo (che quella di cui finora si è parlato) si distingue dalla conversione formale intesa quale conversione del contratto, o in genere del negozio, in un altro tipo formale avente i medesimi effetti giuridici. Così, ad esempio, l’atto pubblico nullo per difetto di forma o per incompetenza o incapacità del pubblico ufficiale vale come scrittura privata. Tra le ipotesi di conversione formale può essere segnalata quella del testamento segreto che, invalido per mancanza di qualcuno dei requisiti richiesti dalla legge per tale forma testamentaria, ha tutti i requisiti del testamento olografo.

Altra figura di conversione è quella legale, cioè la conversione specificamente prevista dalla legge e di conseguenza essa opera a prescindere dalla volontà dei contraenti. Proprio per quest’ultimo motivo la conversione legale non viene inquadrata a pieno titolo nel fenomeno della conversione in senso proprio.

La conversione legale pone il problema se l’atto convertito legalmente possa essere qualificato come atto di autonomia privata; la risposta può essere positiva se la conversione presuppone pur sempre la fattispecie del contratto seppure modificata negli effetti.

Occorre ricordare che sia la conversione sostanziale, sia la conversione formale costituiscono (come la convalida) applicazione del principio di conservazione del contratto, in base al quale il nostro ordinamento per un’esigenza di economia giuridica tende a salvare laddove sia possibile l’atto di autonomia privata

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