Le norme sull’imputazione di pagamento hanno riguardo all’ipotesi in cui un soggetto abbia più debiti della medesima specie verso la stessa persona (art. 1193). Corrisponde all’antico criterio del favor debitoris la regola che attribuisce al debitore la facoltà di dichiarare, quando paga, quale debito intende soddisfare. Quando manca l’imputazione da parte del debitore, la facoltà di imputare è attribuita al creditore ma questi potrà esercitare tale facoltà solo al rilascio della quietanza comprovante il pagamento. Si è parlato di imputazione bilaterale per iniziativa del creditore e con consenso del debitore. In dottrina è prevalente l’opinione che le dichiarazioni di cui è causa abbiano natura negoziale, perché espressione di poteri di autonomia. La qualificazione può in astratto condividersi.

Una importante limitazione è comunque stabilita al potere debitorio di imputazione. È il divieto di imputare il pagamento al capitale piuttosto che agli interessi e alle spese, senza preventiva autorizzazione del creditore (1194). I criteri dettati dalle norme suppletive di legge sono descritti all’art. 1193 comma 2. Questi criteri hanno riguardo o all’interesse del debitore o a quello del creditore, la precisazione è importante, giacché sarà il soggetto, nel cui interesse è dettato il criterio, l’unico legittimato a dedurne l’inosservanza. Ove neanche tali criteri dovessero soccorrere, viene enunciato, per così dire, un criterio di chiusura secondo cui l’imputazione è fatta proporzionalmente ai vari debiti. Trattasi di principio che introduce l’ammissibilità di un pagamento parziale, anche in mancanza del consenso del creditore e ciò in deroga all’art. 1181.

È principio abbastanza pacifico che la disposizione dell’art. 1199 secondo cui il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e spese del debitore, rilasciare quietanza concerne unicamente l’ipotesi in cui il debitore ha adempiuto mediante pagamento e non è riferibile ad altri modi di estinzione dell’obbligazione. La sfera di applicazione riguarda le fattispecie di pagamento e non l’adempimento in generale.

È certo che l’obbligo del creditore sarà in concreto esigibile solo quando il debitore ne faccia richiesta e secondo i modi prescritti. Indirizzi giurisprudenziali tendono ad allargare il contenuto di tale diritto, con il ritenere che la quietanza indichi il titolo o la causa del pagamento e ciò in considerazione della funzione certificativa della quietanza e del valore liberatorio del pagamento. La quietanza assume il valore di una confessione stragiudiziale e fa piena prova contro il creditore del ricevimento di quanto è stato pagato (art. 2755).

La prova del pagamento incombe al debitore secondo la regola che la prova dei fatti estintivi spetta a colui che di tali fatti intende avvalersi. L’attuale codice ha dichiarato applicabili al pagamento le norme stabilite per la prova testimoniale dei contratti (art. 2726).

La legge fallimentare conosce la distinzione tra pagamenti di debiti e atti estintivi di debiti pecuniari. La nozione di atto estintivo è più ampia di quella di pagamento perché l’estinzione del debito può avvenire in modo diverso dal pagamento propriamente detto. Gli atti compiuti in pregiudizio alle ragioni creditorie possono essere revocati in quanto provocano un illegittimo danneggiamento della par condicio creditorum. La nozione più ampia di atto estintivo di debiti pecuniari consente di introdurre la distinzione tra mezzi normali o anormali di pagamento.

Si afferma che i mezzi normali sono il denaro e gli altri effetti di commercio. Non sono invece tali i titoli azionari, i titoli di stato, le obbligazioni, le cessioni di crediti, le delegazioni, le prestazioni di servizi da parte del fallito, quando implichino alienazioni di elementi patrimoniali.

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