L’efficacia durevole o prolungata può essere condizionata anche dall’adozione di provvedimenti amministrativi post in essere a conclusione di procedimenti, detti procedimenti di revisione, di 2° grado, ossia aventi ad oggetto altri provvedimenti, o meglio, la loro efficacia.
La eseguibilità consiste nella effettiva attitudine del provvedimento ad essere eseguito. Il provvedimento è poi eseguito mediante “l’esecuzione”. Ai sensi dell’art. 21-quater l. 241/90 i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalle legge o dal provvedimento medesimo.
Tipico atto che incide sull’eseguibilità e sull’efficacia è la sospensione amministrativa. La sospensione è il provvedimento con il quale, nel corso di una procedura principale di riesame o di revisione ed a fini cautelari, viene temporaneamente paralizzata l’eseguibilità e l’efficacia di un provvedimento efficace.
L’esecuzione del provvedimento amministrativo può essere sospesa , per gravi ragioni e per tempo strettamente necessario, dallo stesso organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. Il termine della sospensione è esplicitamente indicato nell’atto che la dispone e può essere prorogato o differito per una sola volta, nonché ridotto per sopravvenute esigenze.
La proroga è il provvedimento con cui si protrae ad un momento successivo il termine finale di efficacia di un provvedimento durevole.
La proroga in senso proprio va adottata prima della scadenza del provvedimento di primo grado.
La revoca è il provvedimento che fa venir meno la vigenza degli atti ad efficacia durevole , a conclusione di un procedimento volto a verificare se i risultati cui si è pervenuti attraverso il precedente provvedimento meritino di essere conservati.
Ai sensi dell’art. 21- quinquies l. 241/90 per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento delle situazioni di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato.
Alla radice dell’istituto della revoca in senso proprio si profilano dunque più situazioni: può accadere che siano sopravvenuti motivi di interesse pubblico o siano mutate le circostanze di fatto esistenti al momento dell’adozione del provvedimento di primo grado sicchè non appare conforme all’interesse pubblico il perdurare della sua vigenza, ovvero che l’amministrazione valuti nuovamente la stessa situazione già oggetto di ponderazione al momento dell’adozione dell’atto di primo grado.
Ai sensi dell’art. 21 quinquies la revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti.
Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo.
La competenza a disporre la revoca spetta all’organo che ha emanato l’atto, ovvero ad altro previsto dalla legge.
Nella prassi amministrativa si parla di revoca anche per indicare la diversa ipotesi , definita dalla dottrina abrogazione) in cui con un provvedimento vincolato viene fatta cessare la permanenza della vigenza di atti legittimi ad efficacia prolungata allorché venga meno uno dei presupposti specifici sul fondamento dei quali tali atti erano stati emanati. La rimozione, che non esclude la revoca, ha efficacia a partire dal momento in cui si realizza la contrarietà al diritto della perdurante vigenza dell’atto di primo grado.
Vi è infine l’atto di ritiro del provvedimento amministrativo (regolamentari o generali) con efficacia ex nunc.( per es. a seguito di referendum ex art. 123 cost.).
Esecutività ed esecutorietà del provvedimento amministrativo
L’idoneità del provvedimento, legittimo o illegittimo, a produrre automaticamente ed immediatamente i propri effetti allorché l’atto sia divenuto efficace è detta esecutività.
La l. 241/90 all’art. 21-quater indica con il termine esecutività il carattere dell’eseguibilità e, cioè, la sua idoneità non a produrre effetti, ma ad essere eseguito.
La norma disciplina poi la “esecuzione”del provvedimento, stabilendo che, se efficace, esso va eseguito immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal provvedimento stesso.
Con il termine esecutorietà del provvedimento si indica allora la possibilità che essa sia compiuta, in quanto espressione di autotutela, direttamente dalla p.a., senza dover ricorrere previamente ad un giudice.
La problematica della esecutorietà concerne soltanto i provvedimenti che richiedono un’attività esecutiva alla quale deve prestare la propria collaborazione il privato. L’art. 21 ter l. 241/90 dispone al riguardo che nei casi e nei modi stabiliti dalla legge, le p.a. possono imporre coattivamente l’adempimento degli obblighi nei loro confronti.
Qualora l’interessato non ottemperi, le p.a , previa diffida, possono provvedere all’esecuzione coattiva nelle ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge.
Molteplici sono i mezzi attraverso i quali l’esecutorietà si manifesta nel nostro ordinamento.
Nell’ipotesi in cui il provvedimento costituisca obblighi di fare infungibili, l’amministrazione può procedere alla coercizione diretta se ammessa dalla legge e se compatibile con i valori costituzionali.
Nei casi di obblighi di dare relativi a somme di denaro , la legge contempla due ipotesi: l’esecuzione forzata territoriale tramite ruoli e, per quanto riguarda le entrate patrimoniali, il procedimento caratterizzato dall’ingiunzione.