Occorre considerare l’ipotesi di enti pubblici risultanti dalla pubblicizzazione di soggetti privati:

  • relativamente alle attività economiche, la Costituzione consente espressamente (art. 43) la c.d. nazionalizzazione delle imprese private (es. ENEL). Le privatizzazioni di enti pubblici economici di cui sopra, in particolare, costituiscono spesso l’operazione inversa rispetto ad una precedente pubblicizzazione;
  • relativamente alle attività non economiche, le pubblicizzazioni trovano i limiti costituzionali delle libertà private non economiche.

Un esempio è dato dalla l. n. 6972 del 1890 (legge Crispi): essa, avendo trasformato in enti pubblici le IPAB (Istituzioni di assistenza e beneficienza), è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte in relazione alla libertà di svolgere attività assistenziale, garantita ai privati dall’art. 38 Cost. Da tale pronuncia, quindi, si può desumere il principio per cui non è ammesso imporre pubblicizzazioni di attività non economiche dei privati delle quali è costituzionalmente garantita la libertà.

L’applicazione del regime degli atti amministrativi, peraltro, è prevista anche per alcuni atti di soggetti privati inerenti ad attività che ricevono cospicui finanziamenti pubblici, anche se non sono neppure presenti tutti i requisiti degli organismi di diritto pubblico. In giurisprudenza, in particolare, si è detto che tali soggetti sono da considerarsi appartenenti alla pubblica amministrazione.

Può inoltre avvenire che sia affidato a soggetti privati lo svolgimento di attività che si concludono con atti che possono avere effetti imperativi e, in quanto tali, oggettivamente corrispondenti ad una tipica funzione amministrativa (c.d. esercizio privato di pubbliche funzioni). A simili attività sono certamente applicabili i principi che conosciamo e la tutela giurisdizionale relativa deve essere affidata al giudice amministrativo, a prescindere che gli atti in questione non provengano da pubbliche amministrazioni.

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