La legge Crispi del 1889

Nel 1876 cadde il Governo di destra e subentrò la sinistra di Crispi. La L.5992/1889 modificò il Consiglio di Stato, istituendo la IV sezione per la giustizia amministrativa.

A tale sezione si poteva far ricorso per impugnare atti o provvedimenti per far valere dei vizi di legittimità (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere), a tutela di interessi individuali diversi dai diritti soggettivi. Vi era inoltre l’obbligo per l’amministrazione di conformarsi al giudicato del giudice ordinario. Si passa dunque da un sistema monistico (un solo giudice) ad uno dualistico.

La cognizione e i poteri della Quarta Sezione

Ciò non portò tuttavia alla pienezza della tutela, perché i mezzi di tutela non erano cumulabili. Se si trattava di un diritto soggettivo, si effettuava un’azione di accertamento e condanna al pagamento di una somma di denaro, se invece era un interesse legittimo si procedeva all’azione di annullamento. L’obiettivo della pienezza della tutela non era stato ancora centrato.

Il problema della natura giuridica. Il tentativo della doppia tutela

La legge del 1889 non usa mai i termini “giurisdizione” e “sentenza”, ma “competenza” e “decisione”: per il legislatore dell’epoca, il controllo sull’attività amministrativa poteva essere effettuato solo da un organo appartenente all’amministrazione stessa.

Per conciliare il carattere amministrativo della Quarta Sezione con quello giurisdizionale della sua funzione, si parlò di controllo giurisdizionale dentro la stessa PA contro l’abuso dei suoi organi (così definito dalle Sezioni Unite della Cassazione romana).

Si aprì però a questo punto un dibattito dottrinale sulla possibilità di assicurare ai diritti soggettivi sia la tutela risarcitoria già accordata al giudice ordinario, che quella di annullamento affidata al giudice amministrativo, auspicando così di arrivare alla tanto desiderata doppia tutela. Il problema della natura giuridica. Il tentativo della doppia tutela

Il riconoscimento della natura giurisdizionale (in senso proprio) della quarta sezione fu opera delle sezioni Unite della Cassazione Romana, sulla base della legge 1877sui conflitti e della stessa legge del 1889. Questo permise alle sezioni unite di fissare il criterio di riparto tra giurisdizione del giudice ordinario e competenza della quarta sezione sulla causa petendi (titolo per il quale si agisce in giudizio), ma soprattutto le permise di trasformare la quarta sezione da organo amministrativo ad organo giurisdizionale.

In base alla legge del 1877, alle sezioni unite spettava di:

regolare la competenza tra l’autorità giudiziaria e l’autorità amministrativa quando l’una o l’altra sian dichiarate incompetenti – decidere quindi i conflitti negativi di attribuzione;

giudicare i conflitti di giurisdizione positivi o negativi fra i tribunali ordinari ed altre giurisdizioni speciali, nonché della nullità delle sentenze di queste giurisdizioni per incompetenza od eccesso di potere – ossia di decidere i conflitti di giurisdizione, positivi e negativi.

La legge e il regolamento del 1907

Tale giurisdizione doveva dunque avere carattere oggettivo, in quanto solo così poteva superarsi il binomio diritto soggettivo-tutela giurisdizionale.

Veniva così alla luce l’esigenza di individuare una forma di interesse, che non fosse mero interesse semplice (privo di rilievo giuridico), ma che non fosse nemmeno diritto soggettivo: si iniziò a parlare dunque di interesse legittimo, in rapporto occasionale con un diritto obiettivo.

La Quarta Sezione si spostò sempre più verso un modello di processo di diritto oggettivo, e la dottrina iniziò ad approfondire il concetto di interesse legittimo: si enfatizzò in questo modo il carattere davvero giurisdizionale della Quarta Sezione, e il carattere soggettivo del processo che si svolgeva dinanzi al essa.

L’introduzione della giurisdizione esclusiva e altre riforme prima della Costituzione

Tuttavia la nuova impostazione non si dimostrò esauriente: molti problemi ancora non erano risolti, come quello relativo al criterio di riparto, o dell’estrema difficoltà di ottenere tutela nel caso di inerzia della PA. Nel 1923 si rese promiscua la competenza della Quarta e della Quinta Sezione, si consentì al Consiglio di Stato di decidere in via incidentale anche questioni concernenti diritti soggettivi (tranne stato e capacità), e si creò la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Si individuarono cioè delle materie attribuite all’esclusiva giurisdizione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (come il rapporto di pubblico impiego). Si creò inoltre un secondo criterio di riparto delle giurisdizioni, speciale, fondato sulle materie, rispetto al criterio generale fondato sulle situazioni giuridiche soggettive: con tale criterio si rinunciava al principio del 1865, secondo il quale per la tutela dei diritti soggettivi provvedeva solo il giudice ordinario.

Con la legge del 1923 si creò un secondo criterio di riparto delle giurisdizioni, fondato sulle materie, rispetto al criterio generale, fondato sulle situazioni giuridiche soggettive.

La legge del 1923 si limitò a creare la giurisdizione esclusiva ma non dettò una disciplina propria del processo relativo; cosicché la tutela dei diritti soggettivi fu compressa nello stretto ambito del processo amministrativo. La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha eliminato qualche grave strozzatura:

o Ha consentito la proposizione del ricorso entro i termini di prescrizione, anziché entro i termini di decadenza, quando la controversia attiene ai diritti soggettivi;

o Ma non ha mai intrapreso la strada della costruzione in via pretoria di un processo adeguato alla tutela congiunta delle situazioni di diritto e di interesse legittimo, ossia un processo di giurisdizione eclusiva; ne è la conferma la differenziazione dei termini per la proposizione del ricorso a seconda che vengano impugnati atti paritetici (lesivi di diritti) o atti autoritativi (lesivi di interessi legittimi).

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