Esistono, anche testimonianze di cultura giuridica di diversa natura, opere esegetiche sui testi giuridici della tradizione romanistica ed anche su quelli longobardo-franchi.

La storiografia, si è dedicata con grande attenzione allo studio di questo aspetto della cultura altomedievale, nello sforzo di rintracciare ogni elemento di continuità e di sopravvivenza del diritto romano in occidente.

Il filone teodosiano ha prodotto una serie di epitomi alla Lex Romana Visigothorum,

Al filone giustinianeo appartengono invece alcune opere certamente composte in Italia.

Le Istituzioni di Giustiniano hanno formato oggetto di brevi grosse esegetiche dal secolo VI in avanti, tramandate da un manoscritto torinese.

Il Codice è stato utilizzato nel territorio romano-ravennate, ma in una versione più succinta e appropriata alle esigenze altomedievali, nota come Codice epitomato; un manoscritto pistoiese contiene una serie di glosse, mentre un manoscritto conservato a Perugia (la ed. Summa Perusina) raccoglie i sommari delle costituzioni del Codice, redatti forse nel secolo VIII e conosciuti alla prassi giudiziaria della Sabina sino al Secolo XI .

Anche le Novelle sono state utilizzate nell’alto medioevo prevalentemente nella redazione dovuta a un giurista del secolo VI, Giuliano, professore a Costantinopoli (Epitome juliani). Dell’uso del Digesto, invece, nonostante pazientissime ricerche non si hanno prove sicure sino alla fine del secolo XI.

Tutte queste opere presentano caratteri comuni.

Si tratta di sommari o di annotazioni esegetiche estremamente semplici, ove è assente ogni approfondimento analitico: una parola viene chiarita con un sinonimo, i testi vengono riassunti in modo elementare.

Gli ignoti autori delle glosse e dei sommari si sono sforzati di cogliere il senso dei testi teodosiani o giustinianei, ma la loro modesta cultura e la grande distanza che separava il mondo del diritto antico dalla realtà coeva li ha indotti a fraintendimento di vario genere, che per lo storico talora costituiscono utili spie sullo stato delle istituzioni altomedioevali.

La storiografia ha lungamente discusso sull’esistenza di scuole di diritto nell’alto medioevo.

L’età carolingia ha conosciuto una forte rinascita culturale, testimoniata tra l’altro dal ruolo svolto da Alcuino presso la corte di Carlo Magno, dall’adozione di una nuova scrittura, dalla ripresa di modelli antichi nell’arte, da una riforma dell’istruzione superiore disposta nell’anno 825 da Lotario I a Pavia.

Ma non abbiamo elementi per affermare che sia stato istituito un curriculum scolastico specificamente destinato ai giuristi.

Nell’enciclopedia del sapere altomedievale il diritto non era dotato di una propria autonomia scientifica né didattica. Esso rientrava nei confini delle arti liberali: i notai e i giudici, dopo aver assimilato i rudimenti del sapere nelle scuole di arti liberali esistenti presso le chiese cattedrali come presso alcuni monasteri imparassero poi i modelli specifici del proprio mestiere da altri notai e da altri giudici, cioè nell’apprendistato delle professioni legali.

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