E’ innegabile il contributo che Aldo Agazzi ha apportato alla pedagogia sociale, da lui definita come “la coscienza e l’opera di una società consapevole delle proprie responsabilità educative nei riguardi delle nuove generazioni, tali da fare di essa un soggetto educatore, una società educante”. Secondo Agazzi i cultori della psicologia sociale sono impegnati a contrastare l’idea che i fenomeni sociali (ad esempio guerre, carestie, discriminazioni razziali eccetera) siano inevitabilmente connessi con il destino umano e che siano invece sotto dell’opera delle istituzioni, della società e degli individui in quanto sociali.

Il pensiero di Agazzi matura tra la fine degli anni 50 l’inizio degli anni 60, durante il cosiddetto miracolo economico al che si accompagna a una realtà sociale gravida di problemi. In questo contesto la pedagogia italiana tenta di affermare il valore dell’educazione attraverso due distinte posizioni accademiche.

Da un lato la corrente della pedagogia laica (con esponenti Borghi e La Porta) sulla base del pensiero di J. Dewey pone l’accento sul ruolo delle istituzioni educative, in primis della scuola che deve contrastare il conformismo, per la realizzazione di una società democratica

. Dall’altro gli esponenti della pedagogia cattolica esaminano invece il rapporto tra educazione società riferendosi soprattutto al divenire della persona. Agazzi in questo contesto apre un nuovo campo di studio distinguendo tra educazione e pedagogia sociale (distinzione su cui definisce il rapporto tra pedagogia generale pedagogia sociale). Nel 1965, argomentando sulla crisi di valori che caratterizza la società degli anni 60, Agazzi da una prima distinzione tra società strutturata e società articolata: la prima, caratteristica del passato, è contraddistinta da rapporti organici fra poteri, istituti e persone; la seconda, tipica del presente, è invece contrassegnata dall’esigenza di costruire nuovi equilibri tra gli enti e gli istituti di cui si compone.

Mentre nel passato l’educazione si riduceva ad una mera delibazione dello Stato, ed era fortemente politicizzata, oggi nelle società democratiche lo Stato è plurideologico e ciò determina nella società precise responsabilità educative determinate dai (e necessariamente al passo con) cambiamenti verificatisi nei vari settori della vita col passare del tempo. 10 anni più tardi egli rimarca come, con il passare del tempo, la secolare distinzione tra istruzione ed educazione tenda a venir meno; inoltre sottolinea come la scuola non sia più l’unica istituzione educativa accanto alla famiglia e alla Chiesa, ma una delle tante, affiancata anche dalla formazione di gruppi e movimenti come quelli della contestazione studentesca.

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