I termine successione deve essere interpretato come sostituzione , ovvero come il subentro di un soggetto in una o più situazioni giuridiche soggettive, attive o passive, di un altro soggetto (de cuius). La successione può alternativamente essere:

  • tra vivi (inter vivos).
  • a causa di morte (mortis causa).

La morte estingue la capacità giuridica del de cuius, ma non estingue i rapporti da questo posti in essere. Si estinguono i diritti relativi al diritto pubblico e quelli connessi con la persona, che, essendo personalissimi, sono appunto intrasmissibili e intrasferibili, mentre si trasferiscono a causa di morte i diritti aventi contenuto patrimoniale.

Il Codice del 1942 non portò innovazioni in materia successoria, che al contrario si ebbero con la Costituzione, e in particolare con gli articoli:

  • art. 42 co. 4 (riserva di legge): la legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

In particolare, nel caso in cui manchino altri successibili, l’eredità viene devoluta allo Stato (artt. 565) che non può rinunciarvi, essendo tenuto ad assicurare ai terzi che i loro diritti di credito non si estinguano (art. 586).

  • art. 29: viene abolita ogni discriminazione a danno del coniuge, di norma la moglie, che ora succede come erede (artt. 579 – 581).
  • art. 30: viene equiparata la posizione dei figli legittimi e naturali (art. 566 – 567), mentre continuano ad avere una posizione svantaggiosa i figli naturali non riconoscibili.

Questi principi hanno trovato piena applicazione solo con la riforma del diritto di famiglia del 1975 che, toccando anche i rapporti successori, è stata organicamente inserita nel Codice e ha portato alla novellazione del secondo libro.

Richiedi gli appunti aggiornati
* Campi obbligatori

Lascia un commento