Il danno ambientale è stato di recente disciplinato in modo analitico dal Codice dell’ambiente , introdotto con il d.lgs. n. 152 del 2006. L’art. 300 definisce il danno ambientale come qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’attività assicurata da quest’ultima. Costituisce perciò danno ambientale il deterioramento provocato alle specie protette, agli habitat naturali protessi, alla flora e alla fauna selvatiche, alle aree naturali protette, alle acque interne, alle acque costiere e al terreno.

Dal momento che l’ambiente deve essere protetto con ogni mezzo, il Codice introduce il principio di precauzione (art. 301), in base al quale in caso di pericoli, anche solo potenziali, per la salute umana e per l’ambiente, deve essere assicurato un alto livello di protezione.

In definitiva, chiunque realizzando un fatto illecito, oppure omettendo attività o comportamenti doverosi, con negligenza, imperizia o violazione di norme tecniche, arrechi danno all’ambiente, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte, è obbligato al riprestino della precedente situazione e, in mancanza, al risarcimento per equivalente patrimoniale nei confronti dello Stato. La responsabilità, quindi, viene imputata a titolo di colpa, in contrasto con l’orientamento prevalente della dottrina che privilegiava la responsabilità oggettiva.

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