Proprietà e possesso sono, e giuridicamente, situazioni fra loro diverse, anche se nel linguaggio corrente attribuisce spesso a due termini un significativo valente.

La prima è un’esplosione di diritto: è il diritto sulla cosa definita dall’articolo 832; il secondo una situazione di fatto: l’articolo 1140 lo definisce come il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà.

È la differenza fra titolarità ed esercizio del diritto: fra l’essere proprietari di una cosa e di comportarsi come proprietari di essa.

Di regola proprietario è anche possessore: ha, cioè, il diritto sulla cosa che, di fatto, lo esercita. Ma può cadere che il proprietario non possieda la cosa e che altri, non proprietari, né a me possesso: è il caso, per fare un primo esempio, del furto.

Questo potere di fatto sulla cosa, anche il possesso, a una protezione giuridica autonoma, separata dalla protezione del diritto di proprietà: di questa protezione giuridica può valersi, come vedremo, anche proprietari che sia possessore, agendo come possessore anziché come proprietari.

Oltre che possesso corrispondente al diritto di proprietà (cosiddetto possesso pieno) può esserci possesso corrispondente al contenuto di altri diritti reali: si può possedere l’usufrutto, la superficie e così via, ossia comportarsi di fatto da usufruttuario, da superficiario (cd. possesso minore ).

Dal possesso si deve distinguere la semplice detenzione che consiste nell’avere la cosa nella propria materiale disponibilità. Occorre, per essere possessore, l’animo o intenzione di possedere, ossia l’intenzione di comportarsi come proprietari della cosa.

Non è, invece, possessore chi detiene la cosa per un titolo (ad esempio, dal contratto di locazione, o di affitto di noleggio) che implichi riconoscimento dell’altruità della cosa. Si può dunque, possedere in due modi: o direttamente, detenendo la cosa con l’animo di considerare la propria; oppure indirettamente, per mezzo di altri che ne abbia detenzione.

In questa seconda situazione può trovarsi sia il proprietario possessore, sia il possessore non proprietario come ad esempio colui che si arroghi di fatto i diritti del proprietario e riscuota dal detentore i canoni di locazione.

Possesso e detenzione sono, concettualmente, situazioni ben differenziate. Ma altro è la loro concettuale distinzione, altro la prova, in concreto, che una data situazione di fatto sia possesso o detenzione.

A riguardo vige una presunzione: chi esercita il potere di fatto sulla cosa, ossia non è materiale detentore, si presume possessore, salvo che non si provi che egli ha cominciato a esercitarlo come semplice detentore, e cioè sulla base di un titolo che implicava riconoscimento dell’altro possesso. Il semplice detentore può trasformarsi in possessore; ma non basta, a quest’effetto, un mero mutamento del suo interno atteggiamento psicologico, ossia l’insorgere lui dell’animo di possedere.

L’articolo 1141 comma 2 consente in due soli casi la cosiddetta interversione del possesso, ossia il mutamento della detenzione in possesso:

1) quando il titolo per il quale si ha la materiale disponibilità della cosa venga mutato per causa proveniente da un terzo: detengo, ad esempio, al titolo di locazione, ma un terzo, arrogandosi i diritti del proprietario, mi vende la cosa o me la lascia in eredità.

2) Quando il detentore faccia opposizione contro il possessore, ossia si vanti apertamente proprietario della cosa e faccia costare al possessore, o con l’esplicita dichiarazione o con atti concreti, che intende tenere la cosa come propria.

Il possesso della cosa si può acquistare in modo originario, come nel caso di chi muta la detenzione in possesso, oppure in modo derivativo, per trasmissione del possesso da precedente ad un nuovo possessore.

Il possesso può essere trasmesso anche senza la consegna la cosa: ciò accade quando la cosa si è già nella detenzione di chi acquista il possesso come il caso in cui l’inquilino con quell’appartamento.

La protezione giuridica del possesso prescinde dallo stato di buona o di malafede del possessore, ed è, perciò, possessore anche il ladro, il ricettatore. Ma il possessore di buona fede fruisce di una protezione giuridica maggiore. È in buona fede che possiede la cosa ignorando di ledere l’altrui diritto.

Lo stato di buona fede non è escluso dall’errore; è però escluso dalla colpa grave: è malafede chi, pur ignorando l’altruità della cosa, poteva venirne a conoscenza usando il minimo di diligenza.

A questo riguardo interviene una presunzione di legge: il possessore si presume in buona fede, salvo prova contraria; onde approfitta della più estesa protezione giuridica del possesso di buona fede anche possessore del quale non si riesca provarne la malafede.

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