Essa è radicata nel TCE: il 99 puntava proprio all’armonizzazione in campo fiscale delle legislazioni dei Paesi membri in materia di imposizione diretta. Si evidenziava in questo senso la necessità di una imposta comune tale da far evitare manovre protezionistiche da parte di Stati membri volte a favorire l’esportazione. L’introduzione dell’IVA negli Stati membri risponde a questa esigenza, proprio per essere un’ imposta indiretta sui consumi: è plurifase con effetti non cumulativi (ad ogni passaggio l’imposta colpisce solo il valore aggiunto, senza colpire nei successivi passaggi l’imposta applicata nel precedente); è neutrale (l’ammontare finale dell’IVA rimane invariato indipendentemente dal numero dei passaggi del ciclo produttivo-distributivo); è trasparente (è sempre individuabile nel corrispettivo dell’operazione la parte costituente la base imponibile e quella corrispondente all’imposta); ha applicazione frazionata (l’onere fiscale è ripartito nelle varie fasi del ciclo produttivo-distributivo, anche se rimane immutato). Dal punto di vista applicativo, l’IVA si fonda: sul pagamento per masse di atti economici, in modo che il contribuente deve tener conto di tutti gli acquisti e forniture realizzate e sulla detrazione dell’imposta pagata con l’operatore economico recupera il tributo pagato a monte trasferendo l’onere fiscale sul successivo anello della catena fino ad arrivare al consumo finale.

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