Il principio di capacità contributiva

L’art. 53 Cost. sancisce il principio di capacità contributiva, in base al quale “Tutti sono tenuti a concorrere olle spese pubbliche in ragione dello loro capacità contributiva”. In merito possono essere fatte due constatazioni: la prima riguarda la necessità che i tributi siano sempre correlati a manifestazioni di ricchezza e di capacità economica; la seconda riguarda la tutela dell’eguaglianza tributaria. Sotto il primo profilo, si è osservato che non può esistere capacità contributiva quando non vi è ricchezza e capacità economica.

Nonostante questa esigenza sia stata dalla stessa Corte Costituzionale ritenuta riferibile alle sole imposte, a volte la stessa Corte è giunta ad affermare che, pur non essendo costituzionalmente sancito alcun divieto della retroattività della legge in materia tributaria, le norme tributarie retroattive possono risultare costituzionalmente illegittime, per violazione del principio di capacità contributiva, nel caso in cui non risultino sorrette da una ragionevole presunzione di persistenza attuale della capacità economica passata. Mentre, sotto il profilo della parità di trattamento, l’art. 53 Cost. è stato considerato espressione del generale principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost.; e da esso si è fatta anche discendere l’esigenza delle discriminazioni tributarie, la quale dovrebbe ritenersi sussistente solo se le discriminazioni sono giustificate dalla diversità della capacità contributiva di ciascun contribuente.

Gli altri principi costituzionali

La Costituzione, inoltre, fissa altri principi in materia tributaria, precisamente agli artt. 75 e 81.

L’art. 75 Cost. va menzionato in quanto prevede l’esclusione dell’ammissibilità del referendum abrogativo per le leggi tributarie e di bilancio.

L’art. 81 Cost. interviene in materia tributaria sia al 3° comma, prevedendo che “Con legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese”, e sia al 4° comma, prevedendo che “Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farci fronte”. Per quanto riguarda, il 3° comma dell’art. 81, bisogna dire che esso si ricollega alla ed. natura della legge di approvazione del bilancio, alla quale è subordinata l’attività del Governo in materia finanziaria. Infatti, l’approvazione del bilancio è condizione indispensabile affinché le norme finanziarie possano trovare concreta esecuzione. Pertanto il divieto sancito dal 3° comma è connesso al timore di decisioni affrettate, in una sede essenzialmente dedicata al sindacato e al controllo da parte del Parlamento, delle attività del Governo.

A questa esigenza, se ne è aggiunta un’altra, ossia quella del costante adeguamento della legislazione finanziaria all’evoluzione della situazione economica. Un sostanziale ridimensionamento della portata dell’art. 81 3° comma si è avuto con l’istituto della ed. legge finanziaria, ossia una particolare legge presentata dal Governo al Parlamento, con la quale possono apportarsi modifiche alle leggi finanziarie previgenti proprio al fine di adeguare le entrate e le spese pubbliche agli obiettivi di politica economica.

Il 4° comma dell’art. 81, invece, tende a garantire l’equilibrio finanziario tra entrate e spese pubbliche, attraverso il ed. obbligo di copertura delle nuove spese.

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