Diverso dal problema della segretezza degli atti all’interno del procedimento è il divieto di pubblicare gli atti del procedimento penale con mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione (segreto esterno) (art. 114 co. 1):

  • nei confronti degli atti segreti di investigazione (art. 329) è posto il divieto assoluto di pubblicazione, ossia è vietato pubblicarne sia la riproduzione totale o parziale sia il riassunto sia il contenuto generico.

Il legislatore vuole evitare che la conoscenza anticipata degli atti segreti vanifichi l’attività investigativa che si sta svolgendo. Può tuttavia accadere che la pubblicazione di un singolo atto possa agevolare l’investigazione, caso questo previsto dall’art. 329 co. 2;

  • nei confronti degli atti conoscibili di investigazione è posto un divieto attenuato di pubblicazione, nel senso che è vietato pubblicare l’atto, ossia il testo parziale o totale dell’atto stesso. Al contrario è consentito pubblicare il contenuto dello stesso (art. 114 co. 7), ossia le notizie di stampa più o meno generiche e prive di riscontri documentali riguardanti il contenuto di atti .

Quello finora delineato è il regime che vige fino al termine dell’udienza preliminare, quando, in seguito all’emissione del decreto che dispone il giudizio, il giudice forma i due fascicoli:

  • il fascicolo per il dibattimento, i cui atti sono di regola pubblicati attraverso la riproduzione totale o parziale del loro testo;
  • il fascicolo del pubblico ministero, i cui atti sono pubblicati soltanto nel loro contenuto generico. Il loro testo può essere pubblicato soltanto dopo che è stata pronunciata la sentenza in grado di appello (art. 114 co. 3), in modo tale che sia garantita la corretta formazione del convincimento del giudice .

Il sistema delineato dal legislatore rileva lacune e vuoti di tutela: la pubblicazione arbitraria di atti del procedimento penale, infatti, è punita con la sanzione irrisoria dell’arresto fino a trenta giorni in alternativa con l’ammenda di duecentocinquantotto euro nel massimo (art. 162 bis c.p.). Tale norma, in sintesi, non pare idonea a garantire i valori giuridici che devono essere tutelati (es. riservatezza dei soggetti coinvolti nel processo penale, presunzione di innocenza dell’imputato).

Occorre sottolineare i principali divieti inerenti la pubblicazione:

  • il divieto di divulgazione di generalità o immagini di minorenni. Tale divieto, vigente nei confronti del minorenne imputato, viene rinforzato nei confronti di quello testimone, offeso o danneggiato, del quale non sono neppure divulgabili elementi idonei ad una sua remota identificazione;
  • il divieto di divulgazione delle generalità e della immagine della persona offesa da un reato sessuale, divieto questo imposto con la pena dell’arresto dai tre ai sei mesi;
  • il divieto di divulgazione della immagine di persone private della libertà personale;
  • il divieto di pubblicazione di documenti concernenti spionaggio o dossieraggio. In forza di tale divieto, in particolare, non possono essere pubblicate conversazioni e comunicazioni illegittimamente formate o acquisite oppure documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Coloro ai quali tali documenti fanno riferimento possono chiedere a titolo di riparazione all’autore della pubblicazione, al direttore o all’editore una somma pari a cinquanta centesimi per copia stampata o comunque sino ad un milione di euro.
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