Può accadere che uno dei concorrenti, nell’eseguire il piano criminoso, commetta di propria iniziativa un altro reato al posto od oltre a quello voluto dagli altri concorrenti. Dovendo mancare nel concorrente il dolo di concorrere nel reato diverso, si pone il problema di stabilire se questo possa essergli penalmente attribuito e a quale titolo.

Tra quelle astrattamente ipotizzabili, l’art. 116 accolse la soluzione oggettivistica, che imputava l’evento, per lo stesso titolo, a tutti i concorrenti sulla base del solo contributo causale materiale ( qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l’evento è conseguenza della sua azione od omissione ). Il disposto di tale articolo, tuttavia, fu assai contrastato, principalmente per la sua devianza dai principi generali sulla responsabilità propri della nostra tradizione giuridica. Richiedendo il puro rapporto causale per rispondere del reato diverso, infatti, l’art. 116 veniva di fatto a configurare una tipica ipotesi di responsabilità oggettiva.

Lo sforzo della dottrina e della giurisprudenza, quindi, è stato costantemente volto a ricercare interpretazioni correttive, che mitigassero il rigore di tale norme:

  • si cominciò col restringerne la portata, applicando la teoria della causalità umana, e venendo così ad escludere il nesso causale quando il reato diverso abbia avuto, rispetto agli altri concorrenti, il carattere dell’eccezionalità.
  • si è poi ritenuto che dovesse sussistere la prevedibilità in astratto dell’evento diverso.
  • si è infine affermato che occorresse la prevedibilità in concreto, ossia tenendo conto di tutte le circostanze del singolo caso storico.

Con la tesi della colpa in concreto si è pervenuti ad una forma di responsabilità non più oggettiva, ma soltanto anomala, poiché il concorrente risponde di un reato doloso sulla base di un reale atteggiamento colposo. Dell’agire colposo, comunque, debbono ricorrere i tre requisiti:

  • la non volontà del fatto sotto il profilo del dolo.
  • l’inosservanza di regole di prudenza, consistente in una culpa in eligendo o, comunque, nell’affidarsi, per realizzare il proposito criminoso, anche alla condotta altrui, che, come tale, sfugge completamente al dominio finalistico del soggetto.
  • la previsione o la prevedibilità come verosimile (e l’evitabilità) dell’evento, accertabili in concreto e col parametro dell’agente modello.

L’art. 116 si applica tanto se il reato diverso sia più grave, quanto se sia meno grave di quello voluto. Qualora il reato diverso sia più grave, tuttavia, l’art. 116 co. 2 prevede una circostanza attenuante a favore di chi volle il reato meno grave.

Nell’ipotesi di realizzazione del reato diverso e del reato voluto, poi, controversa è l’applicazione dell’art. 116 o dell’art. 83 co. 2. Sotto il profilo politico-criminale, infatti, si è rivelato che, se si riporta la materia integralmente alla responsabilità colposa, punendosi il concorrente solo se il reato diverso sia previsto come colposo, si finisce per lasciare impuniti molti casi in cui il concorrente ha accettato il rischio del reato diverso.

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