Il decreto-legge non convertito e la legge dichiarata incostituzionale cessano di avere efficacia ex tunc, con la conseguente riespansione della legge sospesa dal decreto e di quella abrogata dalla legge incostituzionale. Viene quindi escluso il fenomeno successorio.

Entrambe le ipotesi, comunque, vengono risolte distinguendo tra:

  • i fatti pregressi (commessi prima dell’entrata in vigore del decreto non convertito o della legge dichiarata incostituzionale), i quali sottostanno alla legge vigente al momento della loro commissione, anche se il decreto o la legge è più favorevole.
  • i fatti concomitanti (commessi durante la vigenza del decreto poi non convertito o della legge poi dichiarata incostituzionale), rispetto ai quali occorre un’ulteriore distinzione tra:
    • l’ipotesi del decreto non convertito o della legge dichiarata incostituzionale più sfavorevoli, caso in cui deve essere applicata la più favorevole legge preesistente che ha ripreso vigore (artt. 77 e 136 Cost.).
    • l’ipotesi del decreto non convertito o della legge dichiarata incostituzionale più favorevoli, caso in cui devono essere applicati il suddetto decreto e la suddetta legge (art. 25 co. 2 Cost.).

In questo caso, ci troviamo di fronte ad un conflitto tra le opposte esigenze costituzionali:

  • gli artt. 77 e 136, volti a tutelare la comunità contro lo strapotere del Governo o della maggioranza.
  • l’art. 25 co. 2, secondo il quale applicare la reviviscenza della legge anteriore, non effettivamente vigente al momento del fatto, costituirebbe una sostanziale violazione del principio di irretroattività.

Secondo la dottrina preminente il problema va risolto o in base all’art. 2 co. 5, che, per i fatti concomitanti al decreto, rappresenterebbe la disciplina conforme alla Costituzione, oppure l’art. 2 co. 2, che, essendo ricollegato alla tutela della libertà, costituirebbe un valore costituzionale preminente.

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