Il possesso è previsto come presupposto della condotta nei reati di appropriazione e come oggetto della tutela nel reato di turbativa violenta del possesso immobiliare. La detenzione, invece, è prevista come presupposto della condotta nei reati di sottrazione. A prescindere da questa distinzione, comunque, quello che conta è trovare una definizione di possesso e detenzione che assicuri, ad un tempo, l’incompatibilità e la continuità logica tra furto e appropriazione, onde evitare sovrapposizioni o vuoti di tutela. Inadeguate a questo fine sono le ricorrenti definizioni, che hanno pur sempre in comune gli apriorismi insiti nel fatto di considerare il possesso e la detenzione come originali elementi illuminanti della fattispecie invece che elementi illuminati dalla condotta:

  • secondo le nozioni civilistiche:
    • il possesso è il potere di fatto sulla cosa, consistente in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale;
    • la detenzione è il potere di fatto esplicato sulla cosa nome alieno.

Tali nozioni, tuttavia, portano ad escludere sia l’appropriazione indebita, per mancanza del presupposto del possesso (es. appropriazione dell’altrui automobile da parte del depositario garagista), sia il furto, per mancanza del presupposto della detenzione nell’agente;

  • secondo le nozioni autonomistiche(o relativistiche):
    • il possesso è il potere di disposizione autonoma della cosa con animus detinendi;
    • la detenzione è il potere di fatto sulla cosa esplicato nella sfera di vigilanza del possessore.

Tali nozioni, tuttavia, allo stesso modo, portano ad escludere sia il furto, per mancanza del presupposto della detenzione dell’agente, sia l’appropriazione indebita, per mancanza del presupposto del possesso.

L’incompatibilità e la continuità tra furto e appropriazione, quindi, possono essere assicurate soltanto considerando i presupposti di detenzione e possesso non come un prius, ma come un posterius, essendo definibili in funzione delle condotte della sottrazione e dell’appropriazione, con le seguenti fondamentali implicazioni:

  • per instaurare la signoria di fattosulla cosa:
    • occorre ricorrere alla sottrazione qualora altri ne abbiano la disponibilità materiale;
    • occorre ricorrere all’appropriazione qualora essa non sia nella disponibilità materiale di altri;
    • i reati di furto hanno, come presupposto positivo, la disponibilità materiale della cosa da parte di altri e, come presupposto negativo, la mancanza della disponibilità materiale della cosa da parte dell’agente;
    • i reati di appropriazione hanno come presupposto negativo la mancanza in altri della disponibilità materiale della cosa, non essendo tuttavia necessario che essa sia propria dell’agente;
    • nei reati di furto il concetto di detenzione, sussistente in altri e mancante nell’agente, deve essere inteso come disponibilità materiale della cosa o come autonomo potere materiale sulla stessa. La detenzione, in altri termini, sta ad indicare lo stato di mero fatto per il quale una persona si trova nella possibilità di disporre fisicamente della cosa. Tale detenzione, peraltro, può essere:
      • in vicinanza, qualora la persona tenga la cosa nella propria sfera di accessibilità fisica immediata (es. in mano, addosso);
      • a distanza, qualora la persona conservi la volontà e la possibilità di stabilire, quando lo voglia ed indipendentemente dall’entità degli ostacoli di tempo e di spazio, il contatto fisico con la cosa stessa;
      • nei reati di appropriazione, il cui denominatore comune consiste nel presupposto negativo della mancanza della disponibilità materiale della cosa da parte di altri, il presupposto positivo del possessonell’agente non rappresenta un requisito essenziale e qualificante. Esso, al contrario, serve soltanto a differenziare, all’interno della categoria:
        • i reati comuni di appropriazione, per i quali è richiesto il presupposto provvisorio;
        • i reati minori di appropriazione, per i quali sono richieste soltanto particolari condizioni della cosa (es. cosa smarrita), implicanti tutti la mancanza di disponibilità materiale della cosa e dell’autonomo potere materiale sulla stessa;
        • ai fini del furto e dell’appropriazione indebita, detenzione e possesso:
          • si identificano sotto il profilo del corpus, dal momento che entrambi si concretano nell’autonomo potere di disporre materialmente della cosa;
          • si differenziano sotto il profilo del titolo, che deve essere penalmente lecito per il possesso, mentre può essere anche penalmente illecito per la detenzione, e sotto il profilo dell’animus, che nel possesso consiste nella volontà di tenere la cosa nomine alieno, mentre nella detenzione consiste anche nel considerare la cosa come propria;

In questo modo viene ripristinato il rapporto di incompatibilità e di continuità logica tra furto e appropriazione indebita: uno stesso soggetto, infatti, non può contemporaneamente avere e non avere l’autonoma disponibilità materiale della cosa. Tutte le volte che si verifica il presupposto positivo dell’appropriazione, quindi, mancano i presupposti (negativo e positivo) del furto.

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