Il termine shari’a (<<via rivelata da Dio>>) indica, in senso latissimo, la legge religiosa non solo musulmana, in senso lato la via rivelata ai soli musulmani e in senso stretto la via rivelata ai soli musulmani per regolare il solo foro esterno (condotta umana), caso questo in cui il termine shari’a viene a coincidere con quello di fiqh. La shari’a, in generale, ha il compito di fissare limiti alla libertà delle azioni umane, limiti questi che derivano dalla rivelazione fatta da Dio attraverso il profeta Muhammad;

Il termine fiqh, avente in passato un significato piuttosto ampio, ha col tempo assunto un senso più ristretto, passando a designare la scienza del diritto religioso islamico. La scienza del diritto ha una prima ripartizione in:

  • radici (o fonti) del diritto, dette usul al-fiqh (Corano, sunna, igma e qiyas);
  • rami del diritto (o istituti giuridici), detti furu al-fiqh, divisi in:
    • ibadat, nelle quali rientrano materie che per noi avrebbero carattere extragiuridico (es. pratiche di culto);
    • mu’amalat, nelle quali rientrano le categorie di azioni che noi definiremmo giuridiche (es. matrimonio, diritti patrimoniali, successioni);

Resta fuori dall’ambito del fiqh tutta quella parte del diritto che diremmo costituzionale. A questo riguardo i giuristi si sono sempre rifiutati di ritenere giuridiche le norme elaborate dall’autorità di governo, sostenendo che si trattasse di mere regole amministrative. Il principale carattere del fiqh è la sacralità, da cui derivano altre caratteristiche, la personalità (applicazione individuale), la confessionalità, l’extraterritorialità e l’immutabilità.

Coloro che si dedicano allo studio del fiqh sono detti fuqaha mentre coloro che studiano tutta la shari’a sono detti ulama. Nell’islam privo di un corpo ecclesiastico, tali soggetti hanno sempre goduto di una sorta di venerazione religiosa, pur non potendo essere considerati un clero. I dottori della legge si sono nel tempo riuniti spontaneamente in scuole (o indirizzi giuridici), tradizionalmente suddivisi per territorio (es. Medina, Mecca, Kufa). In esse si riunivano musulmani sia sunniti che non sunniti, uniti nello sforzo di elaborare dottrine giuridiche. Solo in un secondo momento i non sunniti organizzarono scuole separate, tuttora sopravviventi. Attualmente sono quattro le scuole giuridiche sunnite ancora attive, affermatesi tra XI e XII secolo:

  • la scuola hanafita (fondatore Abu Hanifa), alla quale risale l’uso del ra’y o ragionamento individuale e del ragionamento analogico rispetto alle tradizioni. Essa rappresenta la scuola prevalente, prevalenza questa che deriva dall’essere stata la dottrina dell’Impero ottomano;
  • la scuola medinese (fondatore Malik ibn Anas), la quale fa ampio uso della sunna, preferita al ra’y, sebbene utilizzi anche l’analogia e i criteri sussidiari;
  • la scuola shafi’ita (fondatore Muhammad al-Shafi’i), alla quale va il merito di aver dato una sistemazione razionale alla dottrina delle fonti del diritto;
  • la scuola hanbalita (fondatore Ibn Hanbal), la quale si distinse per la strenue difesa delle tradizioni a discapito del ra’y e dell’analogia.
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