È una ipotesi non coperta dai primi due numeri del 2598 che si configura e assomiglia molto alla ipotesi della pubblicità ingannevole, configurata invece dal d lgs 145/2007. Sono notizie false idonee ad indurre in errore il consumatore e che siano rilevanti ai sensi della nostra disciplina. Bisogna rifare lo stesso discorso dei messaggi discriminanti: deve essere una comunicazione indirizzata a determinati soggetti e che è idonea ad indurre in errore il soggetto in questione (consumatore) su tutta una serie di circostanze che riguardano il prodotto. Si parla di notizie false che riguardano le caratteristiche del prodotto (peso, quantità, forma). Questa falsità in questo caso rileva sotto il profilo della concorrenza sleale, cioè è un atto di concorrenza sleale. Affermare che il proprio prodotto possiede certe caratteristiche quando in realtà non le possiede. Per distinguere, il Vanzetti ritiene che quando si parla di appropriazione di pregi si intenda riferirsi alla specifica attività del concorrente; quando si parla invece di notizia falsa probabilmente viene un po’ meno questo aspetto della comparazione con gli altri (è un criterio è un po’ effimero). Di fatto, quando si parla di mendacio concorrenziale si fa riferimento alla falsità delle caratteristiche del proprio prodotto. La falsità può riguardare invece le fonti di relazione, di informazione della notizia e del messaggio. Es quando si parla di pubblicità redazionale si parla di un fenomeno che è lecito entro determinati precisi confini. Il lettore deve essere ben consapevole che quella pubblicità che trova sul giornale non proviene dalla fonte autorevole del giornale: è una pubblicità inserita a pagamento dall’imprenditore sul giornale. Quell’inganno dove può essere? Nel far intendere al consumatore che la fonte di quelle informazioni sul prodotto sia di giornale quando invece è una pubblicità a pagamento, quindi deve essere molto ben pubblicizzato che si tratta di un messaggio redazionale. Altra ipotesi in cui questo mendacio concorrenziale si configura è l’ipotesi del product placement ovvero le ipotesi di pubblicità occulta che si verificano molto spesso nei programmi televisivi. Perché l’attività sia considerata illecite e non un mendacio deve essere indicato che nel programma verranno inseriti dei messaggi promozionali. Agli occhi del consumatore deve essere considerata certa la fonte. Tutte le attività non rientranti nelle fattispecie confusorie o di appropriazioni di pregi si intendono riferite al numero 3 che ci fa capire che cosa in ultima ipotesi viene considerata concorrenza sleale. Nella clausola generale (numero 3 art 2598) rientrano delle fattispecie standardizzate che ormai la giurisprudenza qualifica inevitabilmente come atti concorrenziali, ma ciò pone problemi nella valutazione della singole fattispecie. La prima attività rientrante nel numero 3 art 2598 è la pubblicità ingannevole nella ipotesi in cui è idonea a indurre in errore il consumatore e questo errore può riguardare o le caratteristiche del prodotto o la fonte di provenienza. È un tipo di concorrenza sleale che è stata anche qualificata e prevista dal d. lgs 146/2007 che prende in considerazione la concorrenza, la pubblicità ingannevole e la pubblicità comparativa. Però, il d. lgs dice che c’è anche un tipo di pubblicità iperbolica, esagerata resta lecita quando nessuno sostanzialmente cade nel tranello pubblicitario. La pubblicità ingannevole tale non è se la bugia è così grande se qualsiasi consumatore è in grado di ritenere inidonea la bugia a rappresentare il prodotto e quindi questa attività viene considerata lecita. Quindi, il mendacio concorrenziale deve essere qualcosa di idoneo a trarre in inganno il consumatore. È proprio il concetto di idoneità che rappresenta l’elemento dell’attività: basta una idoneità. L’imprenditore deve essere correttamente in grado di stabilire il prezzo del proprio prodotto, però alcune attività che sono da considerare sotto il profilo della illeicità e sono rappresentate dall’attività del rivenditore il quale viola il cosiddetto prezzo di listino o prezzo imposto da parte del produttore del bene. Questa è un fattispecie particolare: qui si tratta di violare una serie di prezzi.

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