L’art. 2087 impone al datore di lavoro la protezione, oltre che dell’integrità fisica, anche della personalità morale del lavoratore. Tale espressione, reinterpretata dalla giurisprudenza recente, è stata impiegata per affermare principi di tutela della dignità del lavoratore di fronte a fenomeni quali il mobbing e le molestie sessuali sul lavoro.

La vicenda del mobbing è sociologicamente singolare: una parola di derivazione non giuridica (to mob: mettere in una posizione di disagio e sofferenza ) è servita da concetto attrattivo di una serie di comportamenti che potevano già essere qualificati illeciti, in quanto lesivi della dignità del lavoratore, ai quali però il concetto di mobbing è servito a conferire unità definitoria. L’alone di indeterminatezza proprio di tale termine, tuttavia, ha spinto la giurisprudenza e la dottrina ad interrogarsi sul suo reale significato. La definizione cui si è pervenuti, quindi, è quella per cui si ha mobbing quando sono poste in essere a danno di un lavoratore, con sistematicità o, comunque, con reiterazione per un certo periodo di tempo, atti persecutori (o vessatori), tali da dar corpo ad una vera e propria strategia di emarginazione. Tali atti, in particolare, possono essere messi in atto:

  • dai colleghi di lavoro (mobbing orizzontale).
  • dai superiori gerarchici del lavoratore o dal datore stesso (mobbing verticale).

Concentrandosi su questa seconda ipotesi di mobbing, esso può consistere:

  • in atti neutri (es. ritiro del telefono cellulare) che, uniti ad altri, denuncino una volontà vessatoria nei confronti del dipendente.
  • in atti di per sé legittimi (es. richiesta di più visite mediche fiscali) parimenti denotanti una volontà punitiva.
  • in atti altrimenti illegittimi alla luce delle regole della disciplina del contratto di lavoro (es. demansionamento non avente i requisiti di legge). Tali atti, oltre a dar luogo ad un’autonoma illiceità, possono concorrere a realizzare, ove unificati da una finalizzazione vessatoria, quell’illecito aggravato nel quale si sostanzia il mobbing.

Nel caso di illecito accertato, il lavoratore avrà titolo al risarcimento dei danni per violazione dell’art. 2087, e quindi per responsabilità contrattuale, diretta, nel caso di mobbing verticale, o indiretta (omessa vigilanza), nel caso di mobbing orizzontale.

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