Un esempio della creatività dell’esperienza sindacale, ai confini tra pubblico e privato, è rappresentato dal fenomeno degli enti bilaterali, che consistono in organismi, di massima associativi, costituiti ad iniziativa delle contrapposte associazioni sindacali, dei lavoratori e degli imprenditori, per svolgere in modo permanente funzioni di varia natura.

I governi di centro-destra hanno provato a rilanciare tale figura, provando a fare degli enti bilaterali uno dei cardini della nuova filosofia di gestione del mercato del lavoro (d.lgs. n. 276 del 2003). Il disegno previsto, in particolare, ha fortemente valorizzato il ruolo di tali enti, a cui sono state attribuite varie funzioni amministrative relative al buon funzionamento del mercato.

In altre parole, se la tendenza che vede i sindacati assumere un numero sempre maggiore di funzioni pubbliche sembra ormai impossibile da arrestare, occorrerebbe quantomeno incardinare queste funzioni in organismi stabili (es. enti bilaterali), frutto delle relazioni tra le stesse parti sociali. Questa tendenza, tuttavia, è fortemente avversata da una parte del movimento sindacale (CGIL) che ha visto nella politica del Decreto Biagi in materia il segno di un pericoloso snaturamento della natura essenzialmente privatistica di questi organismi.

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